L’isola felice della pubblica amministrazione dove lo smart working funziona. Il caso PagoPa

L’isola felice della pubblica amministrazione dove lo smart working funziona. Il caso PagoPa

Nessun obbligo di presenza, né di orari, ma una forte organizzazione per obiettivi che ha consentito finora ai suoi 220 dipendenti di godere di tutte le libertà del lavoro agile. PagoPa è un’eccezione nel pubblico impiego. Sin dal giorno uno l’azienda, controllata dal ministero dell’Economia e che gestisce le piattaforme di pagamento verso l’amministrazione pubblica, ha adottato lo smart working come modello organizzativo. Non si tratta di telelavoro, o lavoro da remoto. Ma lavoro agile, nella sua accezione originaria: lavorare da dove si vuole, come si vuole, l’importante è portare a casa il risultato. Un’isola felice, resa ancora più remota ora che il governo non ha trovato la quadra per la proroga dello smart working per lavoratori fragili e per i genitori degli under 14, rendendo già il nuovo regime un lontano ricordo. 

PagoPa: 60 milioni di fatturato, 213 milioni di transazioni eseguite

Lo smart working a PagoPa ha funzionato. Lo dicono i numeri. Il giro d’affari della società è passato dai 4 milioni del 2019 ai quasi 60 milioni previsti entro la fine del 2022. Lo conferma il successo di app come Io, l’app unica dei servizi della pa, che nello stesso periodo è passata da 0 a 30,5 milioni di download, usata da quasi il 75% della popolazione attiva italiana. Fanno da controprova le 213,5 milioni di transazioni eseguite tramite per un controvalore di circa 35,5 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 145% rispetto all’ultimo anno.

“Noi siamo un’azienda tecnologica. Abbiamo la responsabilità di applicazioni usate da milioni di persone. Per farlo servono persone brave. E per avere persone brave non si può non offrire loro quello che oggi è una pratica di lavoro usato dalle migliori aziende tecnologiche di tutto il mondo”. Mirko Calvaresi, Chief Information Officer di PagoPa, è consapevole dell’importanza del talento per una tech company. In un colloquio con Italian Tech tiene a precisare che tutto il lavoro di PagoPa è “improntato a una fortissima flessibilità organizzativa”, unico modo “per convincere i talenti a venire a lavorare con noi”.

220 dipendenti in 3 anni, 43 nel 2022

E i talenti sono arrivati. PagoPa è nata nel del 2019. Poco dopo è arrivata la pandemia, e le modalità di lavoro si sono in modo piuttosto naturale strutturate sul telelavoro. La società è cresciuta a ritmo di circa 15 dipendenti al mese, registrando un incremento del 147% del numero delle risorse tra gennaio 2021 e dicembre 2021. Oggi sono 2020 i dipendenti, 128 solo nell’aria tech, 43 di questi assunti negli ultimi 8 mesi.

“L’età media dei nostri dipendenti è 37 anni, ma oltre la metà è under 35. Lavorano da ogni città d’Italia, per noi non fa differenza se lavori da Trapani o da Torino. Il nostro team tech è l’asset principale, è importante per noi offrire il lavoro agile come modello, ma anche lavorare sulle tecnologie di frontiera. Dobbiamo attrarre talenti. Siamo consapevoli che digitalizzare la pubblica amministrazione non è solo creare app e piattaforme che funzionano, ma immettere in tutte le strutture nuove competenze, nuove conoscenze”, aggiunge il capo della divisione tecnologica.

Un sistema potenziato di welfare aziendale

La bassa età media ha portato la società guidata da Giuseppe Virgone a pensare uno specifico sistema di welfare aziendale. “Avere una buona fetta di under 35 vuol dire che molti di questi, prima o poi, e per fortuna, faranno dei figli”, spiega il manager. La società di conseguenza ha potenziato le misure a disposizione. Ne elenca alcune: ha esteso il congedo di paternità da 10 a 20 giorni entro cinque mesi dalla nascita di un figlio; ha introdotto l’aspettativa sabbatica, con la possibilità di usufruire di due mesi di aspettativa non retribuita dopo aver maturati i 4 anni di anzianità; dà un bonus di sostegno allo smart working (120 euro per le spese sostenute dal dipendente).

La libertà è un fattore vincente. E’ la libertà di organizzare la propria vita familiare e lavorativa. 

Lavoro agile sì, però ogni tanto “serve incontrarsi”, continua Calvaresi: “serve soprattutto per esigenze umane; due giorni di lavoro fatto insieme, in presenza. In quei giorni arrivano a Roma da ogni parte d’Italia, dal Trentino Alto Adige come dalla Sicilia”. Qualche giorno insieme, poi si torna a organizzare il lavoro su app come Slack, a vedersi in riunioni via Teams, a mettere i codici in repository open source. Come fanno a Meta, ad Amazon, a Salesforce. Solo che questo è un pezzo della pubblica amministrazione italiana, non un ufficio nella Baia di San Francisco. 

 

La libertà di organizzare vita e lavoro per attrarre talenti

PagoPa è una società per azioni, controllata dall’Economia, ma di fatto indipendente. Questo ha reso possibile che il suo modello di smart working potesse continuare anche quando la Funzione pubblica ha deciso per un graduale rientro dei dipendenti in sede.

“La libertà è un fattore vincente. E’ la libertà di organizzare la propria vita familiare e lavorativa. Imboscati? Non è possibile, il nostro lavoro si misura sui risultati. E poi senza fiducia tra manager e dipendenti non c’è futuro per una società. Noi abbiamo totale fiducia nelle persone che lavorano per noi. Sono la nostra parte creativa”, ragiona Calvaresi, che aggiunge: “Il nostro modello è incentrato sulla delega e sulla responsabilità. Credo che buona parte dei lavori intellettuali possano basarsi sugli stessi principi. Si lavora per risultati in ogni organizzazione che non prevede una presenza fisica per funzionare. Tornare in ufficio? Per noi sarebbe culturalmente impensabile. Se solo provassi a proporlo tutti penserebbero che si tratta di uno scherzo”.

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