Viaggio nella fabbrica di Pikachu: ecco come nascono le carte Pokémon

Viaggio nella fabbrica di Pikachu: ecco come nascono le carte Pokémon

A marzo del 2023 si stima che siano state stampate circa 53 miliardi di carte Pokémon, tradotte in 14 lingue e vendute in 89 paesi e circa il 15% del totale è stato prodotto solo negli ultimi due anni. Un fenomeno che dura ormai da trent’anni, come tutto quello che gira attorno ai Pokémon e che nel tempo ha solo accresciuto il suo giro d’affari. Sia grazie alla capacità di rinnovarsi costantemente, sia per tutta quella generazione di bambini e bambine cresciute con i primi capitoli che hanno iniziato a collezionare e giocarci con i figli.

Per saperne di più siamo andati negli uffici di Tokyo della Creature, che è una delle tre aziende assieme a Nintendo e Game Freak, su cui poggia l’enorme macchina produttiva dei Pokémon. In particolare, Creature si occupa sia dello sviluppo di alcuni giochi, sia di tutto ciò che riguarda le carte.

Tra vecchio e nuovo

Dietro la bellezza e la semplicità di ogni carta Pokémon si nasconde un mondo fatto di moltissime parti che devono combinarsi tra di loro e un processo continuo di analisi e controllo. Le regole del gioco di carte dei Pokémon sono le stesse da sempre ma via via le espansioni hanno aggiunto variabili, eccezioni, abilità che lo hanno reso estremamente ramificato e complesso, esattamente come è successo a Magic, e ogni nuova carta introdotta può sparigliare il cosiddetto “meta”, ovvero l’insieme di strategie più efficaci per ottenere la vittoria.

Fondamentalmente sono due le qualità fondamentali per il successo di queste carte: l’aspetto e le meccaniche. Le immagini devono essere belle, colorate, accattivanti sia per i bambini che per gli adulti, tutte le informazioni devono essere mostrate chiaramente e le carte rare, con le loro filigrane olografiche, devono dare l’idea di avere in mano realmente qualcosa di raro. 

E poi tutto deve funzionare alla perfezione, offrendo nuovi spunti competitivi ma senza stravolgere troppo un meccanismo già noto. “Il bilanciamento di un prodotto giocato da milioni di persone è la parte più complessa – spiega Atsushi Nagashima, che dirige lo studio – Ogni scelta, ogni deviazione deve offrire novità, deve mantenere vivo il dibattito attorno al gioco per evitare la stagnazione su strategie viste e riviste, ma allo stesso tempo non deve essere troppo distruttivo ed eccessivamente complicato per chi magari si sta avvicinando al gioco”. Un buon teste inoltre deve saper anticipare e trovare i “loop”, ovvero quelle combinazioni di carte che permettono a un giocatore di ripetere all’infinito una azione, rompendo la partita.

“Ogni nuova serie di carte si basa ovviamente sul videogioco – continua Nagashima – la direzione artistica sceglie quattro o cinque creature attorno alle quali sviluppare tutta la narrazione e pian piano componiamo l’elenco di tutti i Pokémon e le abilità che vorremmo dargli, come farli evolvere, quali elementi introdurre nel gioco principale per dare un elemento di novità”.

Di mano in mano

Poi arriva la fase di testing, in cui i 18 collaudatori interni passano le giornate provando a usare le nuove carte contro mazzi già noti, attingendo da un enorme schedario che contiene più versioni di tutte le carte prodotte. Ogni giorno per sette ore, con circa quattro partite in un’ora “Ma a volte facciamo gli straordinari – dice ridendo il game director Kohei Kobayashi – il processo di testing varia da carta a carta, ce ne sono alcune per cui basta una settimana, altre in cui ci siamo stati sopra due mesi. E nonostante tutto i giocatori riescono ancora a stupirci e a trovare combinazioni a cui non avevamo pensato. Il nostro è un lavoro scrupoloso che non può essere cambiato in corsa come in un videogioco, al massimo correggiamo i difetti facendo uscire altre carte che compensano eventuali sbilanciamenti”.

Ma qualcuno ha mai pensato di usare l’IA per fare test di migliaia e migliaia di partite in poco tempo? “Non possiamo dirvi niente, per il momento, però c’è qualche idea”.

Per quanto il bilanciamento sia fondamentale, ci sono moltissime persone che non useranno mai le carte per giocare e si divertiranno a collezionarle, riempiendo pagine e pagine di album, come fossero figurine. “L’aspetto dei Pokémon e delle carte è la porta d’ingresso verso questo mondo – spiega Haru Saito – direttrice del team dedicato alle illustrazioni – ne siamo ben consapevoli e una delle cose più importanti per noi è riuscire a catturare in pochi tratti l’essenza delle creature. Non è necessario riempire tutto lo spazio di dettagli, bisogna fare poche scelte essenziali e capire come rendere al meglio il lavoro sfruttando le capacità di ogni artista”.

Fantasia e realtà

Negli anni più di 200 persone hanno lavorato alle illustrazioni dei Pokémon che si basano sì su quelle del gioco, ma molto spesso vengono reinterpretate e adattate in base allo stile di chi disegna. “Il lavoro è molto stimolante, perché da una parte hai la massima libertà espressiva, ma sempre nei confini di quanto richiesto – continua Saito – ed è anche bello tornare sui grandi classici perché è un modo per chi accompagna da tempo di vederli sotto una luce differente”.

Non sempre si tratta di disegni. Una delle artiste più amate, oltre allo storico Ken Sugimori, che ha lavorato a praticamente tutti i capitoli ed è il principale character designer della saga, o Mitsuhiro Arita, che disegnò le prime carte di Pikachu e Charizard, è Yuka Morii, che invece che disegnare i Pokémon li modella in statue in argilla o terracotta per poi colorarle e fotografarle. L’effetto è spettacolare, unico, e non è un caso se c’è chi colleziona solo le sue carte, edizione dopo edizione. 

“Per noi artisti è fondamentale visualizzare i Pokémon come fossero soggetti esistenti nel mondo reale – spiega Morii – per questo guardiamo spesso le informazioni contenute nei videogiochi. Dove vive? Cosa mangia? Che carattere ha? E dopo possiamo pensare a come collocarlo in un contesto in cui non sembri semplicemente un gioco, ma una creatura che potrebbe esistere. In questo va detto che il mio stile mi aiuta particolarmente”.

Game design, visione artistica, giocabilità, ore e ore di test, più di un anno di lavoro, revisioni, aggiustamenti, questo il mondo che si nasconde dietro una semplicissima carta che poi finisce nelle edicole e in fumetteria, sui tavoli di milioni di persone nel mondo o nei loro raccoglitori. Un concentrato di arte e calcolo che può essere un semplice oggetto da collezione o la mossa decisiva per vincere il mondiale. Il prossimo si terrà tra poco a Yokohama, e parteciperà anche l’Italia, con buone speranze di successo.

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