Iniziamo a giocare a Pac-Man (e non abbiamo ancora smesso)

Iniziamo a giocare a Pac-Man (e non abbiamo ancora smesso)

Il 10 ottobre 1980 abbiamo iniziato giocare a Pac-Man e non abbiamo più smesso. In realtà in Giappone era uscito qualche mese prima, il 22 maggio, in un cinema, ma si chiamava Puck-Man, un nome che in giapponese aveva un senso ma che in inglese rischiava di essere storpiato in Fuck-Man.

Il lancio del 10 ottobre fu negli Stati Uniti per opera della Midway che aveva stretto un accordo con i creatori di Pac-Man, la Namco, una società che ha avuto un notevole successo prima di perdersi in fusioni e fallimenti. All’inizio degli anni ‘70 il presidente della Namco, Masaya Nakamura, aveva creato un piccolo team con il compito di sviluppare videogiochi, una industria che era ancora agli albori. Allora c’erano solo invasioni spaziali e giochi in cui dovevi sparare. L’obiettivo iniziale della Namco era invece di sviluppare un videogioco per tutti, e quindi anche per le donne.

Di fatto, se non ci avete giocato, si svolge in un labirinto dove un omino deve mangiare tutte le palline che incontro evitando di essere intercettato da quattro fantasmini a loro volta mangiabili da Pac-Man per qualche secondo ma solo dopo aver ingoiato delle palline che gli danno dei poteri speciali. Facile, divertente, crea una dipendendenza, nel senso che è difficile smettere. Tanto che in certi momenti si è parlato di Pac-Man mania e che ha ispirato molti altri videogame (tipo Super Mario Bros).  Se ne riparla anche adesso: dal 7 ottobre  è uscito per Panini Comics un artbook di circa 300 pagine dedicate ad uno dei videogiochi che hanno fatto la storia. Uno dei suoi segreti lo ha svelato il creatore, Toru Iwatani, che oggi insegna teorie dei giochi in una università. Prima di partecopare ad un festival a Milano qualche anno fa,  disse a Jaime D’Alessandro, che l’ispirazione gli venne vedendo la sua pizza con una fetta tagliata una sera in cui cenava da solo.

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