Cosa c’è dietro i nuovi MateBook di Huawei

Cosa c’è dietro i nuovi MateBook di Huawei

Un leone in gabbia. Così appare Richard Yu sul maxischermo allestito nella Classic Remise di Berlino, affascinante museo d’auto d’epoca della città scelta da Huawei per presentare due nuovi notebook – il MateBook 16s e il MateBook D16 – e i nuovi FreeBuds 2 Pro, auricolari di fascia alta che consentono la cancellazione del rumore.


Di Richard Yu, a capo della divisione consumer di Huawei, a Berlino c’è solo una versione pre registrata. L’ultima volta che lo abbiamo visto dal vivo, in Europa, è stata proprio nella metropoli tedesca a settemebre 2019, in occasione della fiera dell’elettronica di consumo Ifa. Poi il Covid ha cristallizzato tutto per due anni, e il mondo tech ha vissuto di presentazioni virtuali.

Ora tutto sembra tornato alla normalità. La Classic Remise, che una volta era una rimessa dei treni e oggi ospita numerosi eventi, ospita centinaia di persone in presenza. Poche mascherine, il Covid sembra un lontano ricordo. Ma Richard Yu, indirettamente, ci ricorda che la morsa del virus è ancora forte: sulle persone e sugli affari.

Il manager che un tempo dominava il mercato degli smartphone, l’eroe capace di superare Samsung e Apple, è un uomo come tutti gli altri di fronte alla zero Covid strategy del governo cinese. Shenzen, la città a sud del Paese in cui Huawei ha stabilito il suo quartier generale, tiene i suoi 18 milioni di abitanti praticamente in ostaggio. Richard Yu, evidentemente, è uno di questi.

Da quando Shenzen è diventata il cuore dell’industria tech del Paese, approfittando delle prime riforme economiche in Cina e di un porto in rapida espansione, la crescita economica della città è aumentata del 20% all’anno. Questa ascesa iniziata nel 1979 ha rallentato bruscamente a causa della pandemia. Nel primo quadrimestre del 2022 la città è cresciuta solo del 2%. Un dato che preoccupa la Cina e il resto del mondo che dipende dalla sua tecnologia e dalle sue spedizioni.

E così il lancio dei nuovi prodotti sul mercato europeo tocca ancora una volta, di fatto, a William Tian, presidente della divisione Consumer Western Europe di Huawei, che non parte con i fuochi d’artificio, anzi. Alle sue spalle compaiono tre prodotti per chi lavora in ufficio, o anche a casa, da remoto. C’è un monitor. E c’è una stampante. Chi avrebbe mai pensato, solo tre anni fa, che la prima azienda al mondo a lanciare uno smartphone pieghevole avrebbe iniziato la sua presentazione parlando (anche) di una stampante.

Eppure tutto questo ha un senso, per Huawei e probabilmente per il mercato stesso, che dall’inizio della pandemia di Covid ha visto crescere la domanda di personal computer, modem router e sì, anche di stampanti. Di certo non è la Huawei Pixlab B5 il prodotto con cui l’azienda cinese immagina di tornare al centro delle attenzioni dei consumatori.

Ma anche la stampante si inserisce in un ecosistema digitale più ampio, che Huawei sta cercando di costruire con i suoi prodotti. Computer, smartphone, tablet e monitor collegati dal sistema Super Device: l’uno diventa estensione dell’altro. Peccato aver perso il tassello fondamentale, lo smartphone Huawei, che oggi acquista chi si accontenta di HarmonyOS e della App Gallery che pure, negli ultimi due anni, si è arricchita di numerose app e di sviluppatori.

Non è un caso che Tian, presentando i due nuovi MateBook, inizi da due strumenti legati allo smart working, webcam e microfoni, migliorati grazie all’intelligenza artificiale. Ora chi è impegnato in una video riunione viene seguito dalla webcam anche se si sposta. Una funzione, questa, che Apple per esempio ha introdotto nell’ultimo iPad. E la webcam da 1080p dei MateBook 16s e D 16 può anche correggere lo sguardo: con Eye Contact anche se guardiamo la tastiera, chi è collegato con noi vedrà i nostri occhi puntati sulla camera. I microfoni intelligenti, due sul 16s e quattro sul D 16, saranno in grado, infine, di catturare la nostra voce fino a 5 metri di distanza, lavorando sul rumore o sul brusio di sottofondo per isolarlo e cancellarlo.

Le frontiere americane restano chiuse per Huawei. E il Canada, recentemente, si è unito ai Paesi che hanno messo al bando le reti 5G di Huawei. Il mercato libero al momento è un’utopia per il colosso tech cinese, ma in futuro chissà, di questi tempi è già un successo resistere, per tutti.

E Huawei, all’apparenza, ci riesce bene, è forte di un marchio che nella storia recente ha guadagnato la fiducia dei consumatori. Quel fiore può tornare a sbocciare, magari con colori diversi, tendenti al viola nel caso del MateBook, con quel silver gray che è diventato un tratto distintivo dei notebook dell’azienda di Shenzen. Intanto, in Cina, l’azienda fondata da Ren Zhengfei continua a vendere i suoi smartphone. E recentemente ha iniziato a collaborare con le case automobilistiche del Paese: Huawei non produce veicoli elettrici, come qualcuno potrebbe pensare avendo letto distrattamente le notizie. L’azienda cinese è più interessata a sviluppare il software che regola la guida autonoma, per fare concorrenza a Tesla. Magari, un giorno. E anche sul 5G Huawei sembra avere un piano B, l’espansione in Africa che è già iniziata, con un accordo per le reti in Kenya.

Come una barca al centro della tempesta perfetta, Huawei si destreggia per trovare il suo equilibrio tra le onde. Da alcuni anni, ormai, il colosso cinese naviga in acque agitate. Ma il vento, la brezza e la schiuma devono aver temprato gli animi, a Shenzen, perché l’azienda continua a sorprendere con prodotti molto buoni a un prezzo decisamente interessante.


I nuovi MateBook 16s e Matebook D16, per esempio, rappresentano un passo in avanti deciso nella conquista di una fetta di mercato consumer in cui Huawei, lo ricordiamo, si è lanciata solo cinque anni fa. Quanto di buono c’era nei modelli precedenti è servito da base di partenza: i materiali premium, il design minimale ed elegante, quel colore silver gray tendente al violetto che rende il notebook immediatamente riconoscibile, il peso irrisorio (per essere un sedici pollici) e lo spessore ridotto.

Tutto il resto è stato migliorato. A partire dalla webcam del vecchio MateBook 16 che spuntava dalla tastiera. Ora si trova sulla sottile cornice superiore, nella posizione che le compete, lontana dalle dita che battono sulla tastiera e che rendevano decisamente creepy la digitazione durante una call di lavoro. E poi, tra le altre cose, il display ora è touch. E il MateBook D 16 presenta un inedito tastierino numerico e comprende un’antenna integrata, chiamata Metaline, che promette una ricezione del segnale wi-fi più efficiente, a vantaggio dei gamer ma anche di chi fa frequentemente video call e non può contare su range extender.

Entrambi i computer si possono già ordinare e saranno disponibili da luglio, anche in Italia: il MaeBook 16s, quello con il processore più potente e il display di qualità migliore, è in vendita per 1.699 euro; il D 16 invece ha un prezzo più abbordabile: 999 euro.


A Berlino Huawei ha presentato anche FreeBuds 2 Pro. Realizzati in collaborazione con l’azienda francese Devialet, i nuovi auricolari hanno due driver audio e due speaker indipendenti: una coppia si prende cura dei bassi, l’altra delle frequenze medie e alte. Abbiamo indossato le nuove FreeBuds per qualche ora a Berlino: la resa sonora è molto buona, i bassi in particolare si percepiscono in modo chiaro e distinto. Huawei, su questo dispositivo che venderà a 199 euro, sembra aver lavorato molto sulla cancellazione del rumore: l’azienda cinese sostiene di essere passata da un’attenuazione di 40 dB a una di 47 dB grazie all’utilizzo, per la prima volta, di tre microfoni. Per fare un esempio gli auricolari Apple AirPods Pro, a cui Huawei vuole fare concorrenza con il suo nuovo dispositivo, promettono – almeno sulla carta – un’attenuazione identica.

La voglia di migliorarsi di Huawei è fuori dal comune. Lo dice, in particolare, un dato: nel 2021 Huawei ha speso in ricerca e sviluppo 22 miliardi di dollari, pari al 22% delle sue vendite: è più di quanto ha investito qualsiasi azienda al di fuori degli Stati Uniti. Fatte le debite proporzioni economiche, Amazon e Alphabet – la società che controlla Google – investono la metà. Apple addirittura un terzo in meno.

Tutto questo, secondo uno studio pubblicato a gennaio 2022 da Ifi Claims Patent Services, si è tradotto in un numero incredibile di brevetti registrati negli Usa: sono stati 2.770 solo nel 2021. Per brevetti registrati, insomma, Huawei è al quinto posto nel mondo, nonostante le sanzioni Usa che hanno limitato, di molto, il suo raggio d’azione in America e soprattutto l’utilizzo di tecnologia a stelle e strisce.

“Non smettiamo mai di innovare” ha detto anche Richard Yu nel suo videomessaggio trasmesso a Berlino. Ed è questo lo spirito di chi lavora in Huawei. “L’innovazione è sempre stata centrale – ci dice Steven Huang, Country Manager della divisione consumer per l’Italia -. L’azienda investe nella ricerca e nello sviluppo il 10% dei suoi ricavi. Ci sono 300 centri di ricerca e sviluppo Huawei nel mondo, di cui tre in Italia”. E ci racconta come l’Estetic Design Center di Milano, in particolare, lavori per l’azienda al livello globale, contribuendo alle scelte stilistiche che riguardano i nuovi prodotti.

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