Valkyrie Profile: una perla esigente del passato

Valkyrie Profile: una perla esigente del passato

Valkyrie Profile: una perla esigente del passato | Game Division















PlayStation

Durante l’arco vitale della prima PlayStation non c’è dubbio che sia stata particolarmente florida di JRPG. Vuoi per l’enorme successo di vendite della console, vuoi per lo sdoganamento globale del genere grazie soprattutto a Final Fantasy VII, alla fine degli anni ’90 si è assistito a un boom di produzioni di questo tipo. I possessori della scatoletta grigia Sony potevano spaziare tra sequel di serie storiche nate all’epoca degli 8 o 16 bit e nuove IP originali nate da questa nuova ondata. Su questo trend, esattamente 21 anni fa, usciva in Giappone Valkyrie Profile, rivelandosi come il perfetto emblema di questo periodo prolifico anche di opere sperimentali.

Il team di tri-Ace fu tra quelli che non volle rincorrere il modello di Final Fantasy, ma puntò a qualcosa di diverso, più ambizioso. La peculiarità del loro titolo si poteva percepire già nello stile grafico: in un’epoca in cui buona parte degli sviluppatori si rivolgeva al 3D, Valkyrie Profile si presentò con una spettacolare veste in pixel art e uno stile a metà strada tra anime e dark fantasy, di certo poco comune nelle produzioni nipponiche di allora. Così come la scelta di ambientare il gioco nella mitologia nordica, ben prima (anche se non in senso assoluto) di tante altre produzioni che in seguito inserirono nelle loro storie valchirie, vichinghi e divinità norrene varie.

Anche nel gameplay Valkyrie Profile si fece notare per la sua formula decisamente fuori dal comune: un JRPG in cui bisognava affrontare dei dungeon a scorrimento bidimensionale con elementi platform, e combattimenti che coniugavano i classici turni con un sistema di combo in tempo reale. Una combinazione talmente originale e ben congegnata che riesce difficile pensare che sia stata introdotta come sostituzione, dato che originariamente il gioco era stato immaginato come un RPG strategico. Eppure, nonostante la difficoltà dell’impresa nel coniugare questi elementi così diversi, tri-Ace riuscì a dare vita a un’esperienza di grande spessore; soprattutto il battle system richiedeva sperimentazione e abilità per essere padroneggiato al meglio, con una curva di difficoltà certamente poco generosa.

Valkyrie Profile

Ma di tutti gli elementi spiccatamente anticonformisti di Valkyrie Profile, quello che probabilmente più definisce il suo carattere è la gestione della storyline e il raggiungimento dell’epilogo. Parecchi anni prima che Dark Souls intrigasse i giocatori con la sua lore intenzionalmente silenziosa e velata, Valkyrie Profile si rifiutava di accompagnarci per mano verso il suo vero finale, lasciando al giocatore la curiosità e la capacità di intuizione di arrivarci da solo.

Il gioco ci immerge in un mondo cupo e pervaso da un opprimente senso di incertezza e fatalità. Ciascuno dei personaggi arruolabili ha alle sua spalle una storia avvincente e drammatica, che contribuisce a tinteggiare di variazioni di grigio quel mondo spietato in cui non tutto è come sembra, e l’inganno è da aspettarsi a ogni angolo. È in questo dipinto soffuso di un costante senso di mistero che si colloca il personaggio di Lenneth, un’eroina tragica che dietro un’apparente sicurezza non può effettivamente dire di conoscere sé stessa.

Valkyrie Profile

In Valkyrie Profile l’inconsapevolezza e la confusione di Lenneth coincide con quella del giocatore, che come lei si ritrova a non vederci chiaro. È possibile semplicemente seguire gli incarichi che vengono impartiti da Odin e Freya, e venire lodati e ricompensati per questo, fino a raggiungere il cosiddetto “finale B” in fondo alla discesa. Ma se invece si è disposti a indagare a fondo (ad esempio nel castello di Brahms) e soprattutto a mettere in discussione l’autorità che ci comanda e a divergere dal sentiero che ci è stato messo davanti, ecco che il background di Lenneth comincia a dipanarsi, e da esso la vera storia del gioco.

Come espresse il director del gioco Yoshiharu Gotanda in un’intervista alcuni anni fa:

“Il finale A è stato concepito per i giocatori che volevano fare le cose a modo loro e sfidare Odino. Riflettere per conto proprio e mettere davvero in discussione il significato del valore Seal, voler esplorare il proprio passato…”

Uno degli indizi che dovrebbero spronare il giocatore a giocare fuori dagli schemi che Gotanda piace citare è quello del logo stesso del gioco, su cui è possibile leggere la frase: “Should Deny The Divine Destiny of the Destinies”, un motto ampolloso che significa in sostanza: “Rinnega il tuo destino”.

Valkyrie Profile

In molti, comprensibilmente, affermano che sbloccare il finale A sia praticamente impossibile senza una guida. Nonostante sia effettivamente difficile, è anche vero che è lo stesso finale B del gioco a metterci la pulce nell’orecchio, spingendoci a rigiocare di nuovo. Se si presta la giusta attenzione a determinati indizi e si è disposti a sperimentare le varie possibilità, è effettivamente possibile scovare il giusto sentiero di Lenneth. È una strada più difficile e meno intuitiva, ma è comunque lì, pronta per essere trovata e a ricompensare i giocatori più dedicati.

Sempre Yoshiharu Gotanda commentò:

“Penso che recentemente ci siano stati molti giochi troppo gentili verso i giocatori e cercano di spiegargli tutto. Per contro si dice che un gioco sia “ostile” o ingiusto se non ti spiega tutto. Ma personalmente penso che la parte divertente dei giochi venga dal pensare con la propria testa. Quindi se i giocatori vedono solo il finale B e pensano “questo gioco non è stato molto interessante”, be’… non ci si può fare niente. È stata una grande scommessa che ho fatto.”

Valkyrie Profile

Valkyrie Profile è insomma un caso emblematico di quello slancio sperimentale che caratterizzò in particolare gli RPG degli anni ’90. È sì un gioco originale e divertente, con una trama appassionante adornata da un grappolo di piccole storie pregne di emozioni umane. Ma soprattutto è un’opera che per precisa volontà del suo creatore non intende essere user friendly, ma ha l’ambizione di spronare il giocatore a pensare fuori dagli schemi, a indagare dove non ci vede chiaro e a scoprire la verità con impegno e dedizione.

Se avete voglia di rigiocare a Valkyrie Profile, o se volete recuperarlo, potete trovare il suo porting per PSP su Amazon a questo link.




Fonte: tomshw.it

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