Uber ha fatto a New York quello che non è (ancora) riuscita a fare in Italia

Uber ha fatto a New York quello che non è (ancora) riuscita a fare in Italia

Arrivata in Italia esattamente 9 anni fa, nel marzo del 2013, e poi quasi sparita un paio d’anni dopo a causa delle furiose proteste dei taxisti, Uber è attualmente presente nel nostro Paese con il servizio Black (a Torino, Milano, Firenze, Bologna e Roma) e dal 2018 anche in versione Taxi a Torino e Napoli. E però adesso potrebbe avere trovato un modo per tornare anche nelle città e nei Paesi dove ha incontrato più resistenza.

Il banco di prova è New York, una di quelle dove la vita della società, la più nota fra quelle che si occupano del cosiddetto ridesharing, è stata particolarmente difficile: l’azienda fondata da Travis Kalanick è riuscita a stringere un accordo con i taxisti. Una specie di tregua che dovrebbe aprirle un mercato enorme.

Che cosa succederà a New York

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, dalla fine della primavera nell’app di Uber saranno integrati i circa 14mila iconici taxi gialli di New York. Che significa? Significa che accedendo all’app e cercando un driver, sulla mappa si vedranno non solo le auto dei conducenti privati di Uber ma pure quelle dei taxisti. E anche significa che i taxisti potranno accettare le richieste degli iscritti a Uber. Non solo: le app usate per prenotare un taxi verranno integrate con il software di Uber così che (in prospettiva) per l’utente finale non ci sarà differenza fra usare una o l’altra.

Ancora non è chiarissimo come verranno calcolate le tariffe, ma da quello che si capisce scegliere un taxi invece di una qualsiasi altra auto di Uber potrebbe costare al cliente qualche dollaro in più a parità di distanza (ma in gioco ci sono anche variabili come il traffico, il tempo di sosta e così via). Inoltre, i taxisti potranno vedere in anticipo il valore stimato di una corsa (cosa che gli autisti di Uber non potranno fare), così da decidere se accettarla oppure no.

Perché l’accordo di New York è importante

Ovviamente, come fa con tutti i suoi autisti, Uber riceverà una percentuale su tutte le corse portate a termine dai tassisti: questa è una delle ragioni dell’importanza di questo accordo, che apre alla compagnia di San Francisco un mercato gigantesco come quello della Grande Mela.

Allo stesso modo, i tassisti potranno raggiungere clienti prima irraggiungibili, permettendo pure a loro di accrescere i guadagni. Questo è il secondo motivo dell’importanza dell’accordo: New York è da tempo la città simbolo dello scontro fra i taxi e Uber, con oltre 1000 taxisti che hanno dichiarato bancarotta negli ultimi anni (probabilmente proprio a causa dell’arrivo del ridesharing) e almeno 6 che si sarebbero tolti la vita per disperazione.

Il terzo motivo è che New York diventa appunto un banco di prova per una strategia che potrebbe essere replicata a livello mondiale: Uber ha già stretto accordi simili con i taxisti in Austria, Colombia, Corea del Sud, Germania, Hong Kong, Spagna e Turchia, ma farcela a Manhattan è tutta un’altra cosa. Perché, come cantava Sinatra, “if you can make it there, you can make it anywhere”. Puoi farcela ovunque, forse addirittura in Italia.

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