Rapporto: “Ecco le 40 pagine di Facebook che diffondono fake news sulle elezioni americane”

Rapporto: “Ecco le 40 pagine di Facebook che diffondono fake news sulle elezioni americane”

Improbabili colpi di Stato, rivoluzioni pronte per esser scatenate, immigrati arrivati illegalmente negli Stati Uniti che sarebbero stati assoldati per votare in massa, migliaia di preferenze a favore di uno o dell’altro candidato inviate via posta e già distrutte in diverse città. Sono le prove generali di contestazione delle presidenziali che stanno andando in scena sui social network in questo periodo.

A sostenerlo è NewsGuard, azienda statunitense che analizza l’attendibilità dei siti di informazione. Ancora una volta è tornata a puntare il dito contro Facebook, in particolare quaranta profili con un seguito di almeno 100mila persone, che possono contare su un pubblico complessivo di 22,9 milioni di cittadini.

La campagna di disinformazione non ha un solo colore, anche se i profili più popolari coinvolti sono quasi tutti conservatori. In testa c’è Glenn Beck, commentatore, produttore e cospirazionista d’area repubblicana. Ai suoi tre milioni di seguaci i primi di ottobre ha proposto la seguente tesi: “I membri dell’amministrazione Obama e il Dipartimento di Stato hanno scritto la sceneggiatura per una rivoluzione nelle strade. Lo abbiamo visto negli ultimi tre anni e culminerà il 3 novembre (data delle elezioni, ndr)”. Ottomila apprezzamenti, cinquemila condivisioni e duemila commenti.

The Federalist Papers, sito che si richiama alla raccolta di saggi usciti alla fine del Settecento per convincere lo Stato di New York a ratificare la Costituzione americana, l’11 ottobre ha sostenuto che 60mila voti a favore di Donald Trump mandati via posta in Pennsylvania non sarebbero mai giunti a destinazione durante le presidenziali del 2016. In realtà le schede furono mandate in ritardo ma conteggiate.

La paura che il voto via posta significhi automaticamente frode elettorale è uno dei cavalli di battaglia più usati da entrambi gli schieramenti e con punti di vista opposti. Lo hanno sfruttato fra gli altri la pagina Donald Trump Is My President che conta su due milioni di seguaci, 100PercentFedUp che ha un pubblico di un milione e mezzo di persone e attraverso il suo profilo personale l’attivista di destra antislamica Pamela Geller, un milione e 200mila follower. Anche il suo collega David J Harris Jr., che arriva a un milione di persone, ha più volte sostenuto che ci sarebbero le prove di manipolazione del voto.

Facebook alle accuse mosse da Newsguard risponde sostenendo di aver fatto molto dalle passate presidenziali ed aver nel frattempo lavorato su altre duecento tornate in tutto il mondo tentando di bloccare disinformazione e manipolazioni.

“Da marzo a settembre abbiamo fatto progressi sostanziali”, fa sapere il social network. “Abbiamo rimosso 120mila contenuti che violano i nostri standard, bloccato altri due milioni e 200 mila messaggi prima che venissero pubblicati, chiuse le pagine di trenta network per la diffusione di falsità”.

Ma uno delle mosse più forti è stato fermare alcuni dei messaggi di propaganda elettorale. Lo schieramento di Trump nella settimana scorsa conclusasi il 25 ottobre ha speso in spazi pubblicitari su Facebook 5,7 milioni di dollari e 4,3 nei sette giorni precedenti. Biden lo ha superato rispettivamente con 8,4 e 7,4 milioni.

Nel 2016, con il progetto Alamo gestito da Brad Parscale oggi caduto in disgrazia, Donald Trump usò i social network e in particolare Facebook come cavallo di Troia per raggiungere in maniera capillare gli elettori con messaggi su misura usando i dati di Cambridge Analytica. Di quei messaggi oggi non rimane traccia ma il sospetto che usassero notizie fasulle o mezze verità è forte.

A quattro anni di distanza la situazione è completamente cambiata e quei sistemi sembrano funzionare molto meno. Un segno è la parabola stessa di Parscale, un tempo considerato mago del Web e poi caduto a più riprese in errori grossolani iniziando dal comizio di Tulsa.  

“Nonostante gli sforzi annunciati da Facebook per fermare la diffusione di questo tipo di disinformazione, queste pagine continuano ad essere autorizzate a pubblicare palese disinformazione sul voto e sul processo elettorale”, insistono da NewsGuard. “Ogni giorno ne emergono di nuove con interpretazioni imprecise e ingannevoli di eventi perfettamente normali”.

Facebook negli Stati Uniti ha circa 225 milioni di utenti su una popolazione 328 milioni di persone. Se davvero i messaggi incriminati dalle pagine prese in esame avessero raggiunto tutti coloro che sono iscritti a quei profili, si tratterebbe del dieci percento del bacino del social network oltreoceano. Ma è improbabile che sia andata davvero così e a molti dei protagonisti citati dall’indagine hanno pubblicato uno o due articoli fuorvianti. Nel 2016 invece si trattò di una vera e propria marea di proporzioni ben più vaste che raggiunse praticamente tutti.

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