Qualità della vita digitale, Italia 20esima. Ma pesano qualità connessioni e infrastrutture digitali


Si chiama Digital Quality Life (DQL) ed è un’indagine che ha coinvolto 85 nazioni nel mondo. L’Italia ne esce sostanzialmente bene, ma ci sono luci e ombre. L’eccellenza italiana riguarda i costi di accesso a Internet (undicesimo posto assoluto) e la sicurezza informatica (12° posto). Bene, ma non benissimo, i servizi di e-government (quattordicesimo posto), ma le difficoltà maggiori si registrano nella qualità della connessione alla Rete (scendiamo al quarantunesimo posto) e per le infrastrutture digitali (siamo quasi in fondo alla lista, con un mediocre 54° posto).
L’indagine si basa su cinque parametri che, sommati algebricamente tra loro, rappresentano la qualità complessiva della vita digitale in tutto il pianeta. Al primo posto, in Europa, di questa classifica, si pone la Danimarca, con un punteggio di 0,79 nella scala da zero a uno. Subito dietro la Danimarca, compare la Svezia. Per i paesi invece fuori dall’Europa, la prima posizione è tenuta dal Canada. Nessuna delle nazioni esaminate dal rapporto, però, riesce a superare lo 0,8 nella scala dei valori, dimostrando così che c’è comunque molto da fare ancora, nonostante i progressi tecnologici e la penetrazione del digitale nella vita di tutti i giorni. La ricerca ha “toccato” le condizioni di qualità della vita digitale di oltre 6,3 miliardi di persone e per fornire un dato significativamente statistico, si è basata su 12 indicatori correlati tra loro, indicatori forniti da Nazioni Unite, Banca Mondiale, Freedom House, International Communications Union, ma anche da altre fonti.
Non poteva mancare, comunque, un focus sull’impatto che il Covid19 ha avuto nel campo della qualità della vita digitale. Secondo Surfshark, infatti, i lockdown, lo smart working e, più in generale il sostanziale blocco dell’adeguamento delle infrastrutture informatiche hanno provocato seri problemi a ben 49 paesi su 85. Si è registrato, innanzitutto, un calo di velocità nella connettività mobile e, per 44 nazioni, anche un degrado delle connessioni a banda larga su rete fissa. Secondo l’indagine, ciò sarebbe dovuto soprattutto all’improvviso e non adeguatamente considerato fattore del “lavoro da casa” che ha coinvolto diversi milioni di persone in tutto il mondo.
Il rapporto ha evidenziato anche altre criticità e correlazioni tra qualità della vita degli individui e capacità digitale delle nazioni. Ad esempio, la sicurezza informatica, lo sviluppo delle infrastrutture digitali e l’implementazione dei servizi di e-government attuati negli ultimi anni da diverse nazioni, hanno permesso ai cittadini di avere una qualità di vita migliore, anche in presenza della pandemia Covid19. D’altro canto, però, i costi di accesso a Internet sono estremamente significativi per il parametro QDL: in ben tre nazioni su quattro i cittadini devono lavorare più della media mondiale per poter avere una connessione al Web e ai servizi digitali almeno decente. Non incidono molto, invece, i costi dei servizi digitali, segno che la popolazione mondiale, pur di poter disporre di facilitazioni informatiche per la vita quotidiana è disposta anche a pagare di più determinati strumenti.
Dom Dimas, responsabile presso Surfshark della ricerca sulla qualità della vita digitale nel mondo spiega: “il progresso digitale di un paese e le esperienze online delle persone sono strettamente legati al potenziale economico del paese stesso e al benessere generale della popolazione. La nostra ricerca annuale, con la definizione appunto di un indice DQL, mira a identificare lo status quo attuale in termini di preparazione digitale di qualsiasi paese. Ma la ‘fotografia’ della situazione al momento non è fine a se stessa: vogliamo con questo riuscire a stabilire una base comune mondiale uguale per tutti da cui far partire ulteriori elementi di crescita e di parificazione tra le nazioni. Il percorso è lungo, sicuramente, ma con una base comune è possibile avviare un confronto mondiale e attività finalizzate di adeguamento”.