Chris Foss, da Superman alle colonie extraterrestri
In Avio, dove è nato Vega C, il nuovo razzo europeo dal cuore italiano pronto al decollo, non devono essere superstiziosi. Il volo inaugurale partirà infatti quando in Italia saranno le 13.13 di mercoledì 13 luglio, dallo spazioporto di Kourou, nella Guyana francese. È il maiden flight per il vettore costruito per la maggior parte negli stabilimenti di Colleferro, sviluppato da Avio per l’Agenzia Spaziale Europea. Più potente e flessibile, sviluppato per rispondere alle nuove esigenze del mercato spaziale. Il primo razzo “italiano”,
Vega, prendeva il volo dieci anni fa, a febbraio 2012: venti decolli dopo, (due gli insuccessi) è il turno di Vega C, dove “C” sta per “consolidation”: “È un’avventura, ci sono molte differenze rispetto Vega, che per noi era la prima volta – racconta Ettore Scardecchia, capo del settore ingegneristico di Avio durante la conferenza stampa pre-lancio – tutto andò bene. Ora siamo più preparati sappiamo cosa ci aspetta. Ma vogliamo mantenere la calma e la concertazione per evitare qualsiasi rischio. In ogni caso è la prima volta, sensazioni ed emozioni, è sempre la prima volta”.
Il suo primo compito sarà portare in orbita un esperimento dell’Agenzia spaziale italiana, il satellite Lares, una sfera riflettente che servirà da ‘bersaglio’ per i laser da terra, studiato per verificare con maggiore accuratezza uno degli effetti previsti dalla teoria della Relatività di Einstein. Realizzato dall’Infn su progetto dei ricercatori del Centro Fermi e dell’Università La Sapienza, Lares 2 vola, come il predecessore Lares, su un razzo al suo debutto. Lares infatti era il carico del lancio inaugurale di Vega. Ci saranno anche sei Cubesat, di cui tre italiani: Astrobio e Greencube, realizzati rispettivamente da Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), dalla Sapienza e da Alpha di Arca Dynamics.
Alto 35 metri, come un palazzo di dieci piani, pesante 210 tonnellate, Vega C ha performance migliorate del 50%. I satelliti del primo carico a bordo di Vega dovranno essere posizionati in orbite differenti, così da testare anche la flessibilità del vettore per più clienti con esigenze diverse. Lares 2 infatti, molto leggero e senza componenti elettroniche dovrà infine arrivare a una quota di 6.000 chilometri. Fulcro di questa flessibilità sarà il quarto stadio di Vega C, Avum+, che ha la possibilità di essere riacceso per posizionare carichi a varie altezze: “Avum si accenderà cinque volte – spiega Beoit Pouffary manager del sistema di lancio e dell’ingegneria di Vega C – le prime due per il rilascio di Lares, le successive per l’inserimento in orbita dei cubesat. L’ultima per raggiungere un’orbita di parcheggio alla fine”.
L’ogiva, lo spazio di carico, ha un volume doppio rispetto a Vega. Nella capsula in testa al razzo potranno dunque trovare posto molti più satelliti di piccole dimensioni, da rilasciare su diverse orbite grazie allo “Small Spacecraft Mission Service” (Ssms), dispenser già testato con successo dal predecessore. Oppure Space rider, il minishuttle europeo senza equipaggio, ancora in fase di sviluppo, in grado di restare in orbita alcuni mesi per poi far rientro a terra. Al suo interno troveranno spazio esperimenti da condurre in ambiente di microgravità.
L’altro grande vantaggio del programma di lanciatori Esa riguarda la riduzione dei costi pur con maggiori performance. È dovuto in buona parte ai nuovi motori a propellente solido P120c. Uno di questi costituisce il primo stadio del lanciatore ma verranno utilizzati in coppia anche dal nuovo Ariane 6, il vettore di Arianegroup in fase di sviluppo e il cui debutto è previsto per il 2023 (che nella versione Ariane 64 usa ben 4 P120c). La produzione in scala consentirà dunque di abbassare i costi e di conseguenza, specifica il direttore dei lanci dell’Agenzia spaziale europea, “il costo al chilo per i carichi”.
I motori del modulo Avum sono prodotti in Ucraina dalla società Youjnoye che ha sede a Dnipro. Un elemento di incertezza, soprattutto per gli ordini futuri. “Abbiamo uno stock di motori in Italia – sottolinea Stefano Bianchi, responsabile dei programmi di volo dell’Esa – per il medio termine non ci sono problemi. Per il lungo periodo stiamo studiando diverse soluzioni per mitigare il rischio: stiamo accelerando lo sviluppo dell’evoluzione di Vega C, Vega E, che avrà uno stadio superiore a combustibile liquido, metano e ossigeno. In caso di una interruzione delle forniture stiamo valutando delle soluzioni di backup. Ma speriamo di continuare la collaborazione con l’Ucraina, perché sono stati finora partner molto affidabili”.
Per il prossimo futuro, invece, gli impegni sono già tanti. Nove voli prenotati prima del ‘battesimo’, commercializzati da Arianespace, per governi e istituzioni europee ed estere (i Copernicus della Commissione Europea, Flex e Altius per l’Esa, poi missioni per Thailandia e Corea) “ma in tutto sono 14, tra quelli già firmati e quelli che siamo piuttosto sicuri che avverranno con Vega C – specifica Bianchi – l’agenda è piena per il 2023, il 2024 e il 2025. Il mercato ha risposto benissimo”. Le potenzialità del nuovo vettore sono innanzi tutto in una potenza maggiore. Vega C può trasportare fino a 2.200 chili in orbita terrestre bassa, quella compresa tra i 300 e i 1.000 chilometri di altezza. Sono le quote a cui viaggiano i satelliti di osservazione della Terra e le nuove costellazioni di connessione come Starlink e OneWeb.