Cyberpunk, Resident Evil, Tekken e gli altri: su Netflix, i videogiochi diventano serie tv
“Tolkien si starà rivoltando nella tomba”: nella serata italiana di ieri (lunedì 5 settembre), Elon Musk ha twittato così, ricevendo oltre 21mila retweet e oltre 210mila like e migliaia e migliaia di commenti. In cui lui stesso ha rincarato la dose: “Più o meno ogni personaggio maschile visto sin qui è un codardo, un cretino o entrambi. Solo Galadriel è coraggiosa, intelligente e simpatica”.
Il numero uno di Tesla, notoriamente appassionato di fantasy, oltre che di tecnologia, si riferiva a Gli Anelli del Potere, la serie tv ambientata nel mondo del Signore degli Anelli prodotta da Amazon e dal 2 settembre disponibile in streaming su Prime Video. E Musk non è l’unico a pensare che non sia bella, avvincente o comunque adeguata al nome che porta. Che abbia deluso le aspettative, insomma.
È un problema di cui è ben consapevole pure Amazon: il colosso dell’ecommerce, dopo avere speso quasi 500 milioni di dollari solo per realizzare gli 8 episodi che compongono la prima stagione, ha bloccato per alcuni giorni la possibilità di recensirla da parte degli iscritti. Un po’ è per non vedere la serie massacrata da commenti negativi, ma non c’è solo questo: c’è anche il problema del cosiddetto review bombing.
Con questo termine, entrato nel dizionario di Internet da più o meno 5 anni, si indica la tempesta di recensioni (solitamente negative) che colpiscono un prodotto per azzopparlo e impedirne il successo. Riguarda gli ambiti più diversi: nel 2019 colpì Family Link, l’app di Google usata dai genitori per controllare gli smartphone dei figli; su Maps, ne sono vittima (per esempio) gli stabilimenti balneari che non accettano animali; durante la pandemia ci furono molti casi di review bombing contro bar, ristoranti e negozi italiani che chiedevano il Green Pass ai clienti. Come si capisce, il review bombing colpisce a prescindere dalle effettive qualità del prodotto: si dà un voto basso o bassissimo a un ristorante non perché in quel ristorante si mangia male, ma perché il titolare ha preso una posizione non gradita su qualcosa.
Anche a Rings of Power è andata così: a oggi, nonostante l’intervento di Amazon, la serie ha una valutazione molto bassa su Rotten Tomatoes (appena il 39%) e pure sull’Internet Movie Database, che fra l’altro è di proprietà di Amazon: 6,8 su 10, con quasi il 25% delle persone che le ha dato un oggettivamente incomprensibile 1.
Perché sta succedendo tutto questo? Che cos’ha che non va questa serie, vista comunque da 25 milioni di persone nel giorno del debutto e invece molto apprezzata dai critici?
Secondo i fan di Tolkien, i motivi sono soprattutto due, che in realtà sono due facce dello stesso problema: la (presunta) non fedeltà alle opere dello scrittore britannico. Che si concretizza principalmente in due aspetti: uno dei protagonisti è un elfo, ma ha la pelle scura. È un elfo afroamericano, una cosa forse inconcepibile negli anni Quaranta (quando Il Signore degli Anelli fu scritto), ma oggi del tutto normale. L’altro problema, ben sottolineato da Musk, è la forte e determinante presenza di personaggi femminili: non solo Galadriel, ma pure Nori, Poppy e Bronwyn. Di nuovo: inconcepibile negli anni Quaranta (tutto il mondo della Terra di Mezzo è decisamente a trazione maschile), ma normale al giorno d’oggi.
Questo quanto al review bombing e a quei voti bassissimi dati senza ragione, ma c’è dell’altro. C’è che la serie è in effetti meno gradevole del previsto: almeno nei primi due episodi è lenta, con poco ritmo e pochi momenti degni di nota. Ma c’era un po’ da aspettarsi che sarebbe stata così: Il Silmarillion, il libro da cui è (a grandi linee) tratta, è a sua volta lento, con poco ritmo e pochi momenti degni di nota. È noioso, insomma. Ma questo i fan di Tolkien lo sapevano. Quelli veri, s’intende.