Passero, fringuello o cinciallegra? L’intelligenza artificiale ha imparato a distinguere gli uccelli

Passero, fringuello o cinciallegra? L’intelligenza artificiale ha imparato a distinguere gli uccelli

Riconoscere la specie esatta è già abbastanza complicato, figuriamoci distinguere un esemplare di uccello dall’altro. Ma se un esperto umano spesso è costretto ad arrendersi, il compito è perfettamente alla portata di un’intelligenza artificiale. Lo dimostra uno studio pubblicato su Methods in Ecology and Evolution: un’Ai debitamente addestrata e progettata è in grado di identificare i singoli esemplari di una specie sia allo stato selvatico che in cattività, e con una percentuale di errori che non supera il 10%. Una scoperta che si rivelerà particolarmente utile per studiare il comportamento degli uccelli in natura, eliminando la necessità di taggare i singoli esemplari per permetterne il riconoscimento.

Il debutto nell’ornitologia

Nello studio, i ricercatori (appartenenti a università e centri di ricerca francesi, portoghesi, tedeschi e sudafricani) hanno utilizzato una tecnologia di deep learning chiamata convolutional neural networks, particolarmente efficace per la classificazione di immagini e già usata con successo per il riconoscimento di singoli individui in specie come maiali ed elefanti. Nel mondo dell’ornitologia – spiegano gli scienziati – si tratta però di una prima volta: fino ad oggi infatti nessuno era riuscito a costruire un’Ai in grado di riconoscere gli uccelli meglio dell’uomo.
 

Tra i problemi che avevano rallentato le ricerche nel campo, uno dei principali è la difficoltà di ottenere materiale con cui addestrare il programma. Per insegnare a un computer come riconoscere il contenuto di un’immagine bisogna infatti sottoporgli un set di fotografie su cui allenarsi, in modo che, grazie al machine learning, impari per tentativi ed errori come farebbe un essere umano. Per riconoscere animali servono migliaia di foto, e soprattutto serve un modo con cui il computer possa distinguere un esemplare dall’altro nella fase di addestramento, prima di apprendere come farlo da sé.
 

Per superare l’impasse gli autori dello studio hanno utilizzato delle mangiatoie equipaggiate con trappole fotografiche e sensori, poste in zone in cui molti uccelli della specie Taeniopygia guttata (o diamantino, un uccello australiano molto utilizzato negli studi di etologia) erano già stati taggati con speciali etichette elettroniche per studiarne il comportamento. In questo moto hanno ottenuto il set di fotografie necessario, e hanno messo a lavoro la loro ai per cercare di imparare come riconoscere i singoli esemplari immortalati nelle immagini.
 

I risultati sono stati all’altezza delle aspettative: il programma è infatti in grado di identificare gli esemplari di diamantino con una precisione del 90% in caso di uccelli selvatici, e dell’87% per quelli in cattività. “Abbiamo dimostrato che i computer possono identificare in modo affidabile dozzine di esemplari di uccello, anche se noi esseri umani non riusciamo in alcun modo a distinguerli gli uni dagli altri”, racconta André Ferreira, ricercatore del Centre d’Ecologie Fonctionnelle et Evolutive del Cnrs francese e primo autore dello studio. “Questo ci permetterà di superare uno dei principali problemi che si presentano nello studio degli uccelli allo stato selvatico, e cioè quello dell’identificazione dei singoli esemplari”.
 
Un risultato importante, insomma, che aiuterà a monitorare moltissime specie di volatili a rischio di estinzione, per proteggerle dai cambiamenti climatici e altri pericoli. Al momento però il programma presenta ancora un limite non da poco: è in grado di identificare unicamente gli esemplari contenuti nel dataset su cui è stato addestrato. All’arrivo di un nuovo uccello in zona, insomma, l’Ai perde la sua utilità, e non è in grado di riconoscerlo a meno di taggarlo con un’eitichetta elettronica, scattargli una foto e far addestrare nuovamente il programma. Un difetto transitorio – assicura però Ferreira – che verrà superato quando i ricercatori avranno a disposizione un dataset più ampio con cui allenare la loro intelligenza artificiale.

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