Monopattini e disparità di genere: i motivi per cui le donne li noleggiano meno

Monopattini e disparità di genere: i motivi per cui le donne li noleggiano meno

I monopattini elettrici che da qualche anno popolano le nostre città sono un esempio di progettazione ed esperienza d’uso sostanzialmente discriminatorie per le donne. Lo dice un’indagine di uno degli operatori internazionali del settore, VOI, presente anche in Italia (a Roma, Torino, Milano, Modena, Reggio Emilia e Palermo): s’intitola Shared e-scooters and gender equity ed è un documento che raccoglie percezioni ed esperienze delle utenti per capire come e dove l’offerta degli escooter debba cambiare per essere davvero utile a tutti.

Realizzato dalla Gender Equity Commission interna alla startup svedese, spiega perché le donne utilizzano meno questi sistemi di micromobilità. Una ricerca su Parigi, per esempio, aveva scoperto tempo fa che il 66% dei rider di monopattini è maschio. Questi mezzi oltre a essere percepiti e progettati in modo non universale rischiano inoltre di non avere alcun senso in termini di impatto sul traffico delle città e sul generale cambiamento delle abitudini. Di ricerche precedenti sul tema ce ne sono davvero poche, e il report di VOI, basato su 5 focus group svolti a novembre 2021 e in un sondaggio dello scorso gennaio durato due settimane, si conclude con una serie di raccomandazioni per rendere il mondo dei monopattini elettrici più giusto.

Le principali criticità dei monopattini per le utenti

Cosa esce dall’indagine? Che le donne si scontrano con un gran numero di ostacoli quando si tratta di noleggiare un monopattino. Nel Regno Unito, Paese campione del documento, l’ecosistema stradale è considerato ostile, così come l’atteggiamento della maggioranza degli automobilisti: per il 79%, il problema infrastrutturale è il principale ostacolo all’uso degli escooter, con grande timore quando si tratta di guidare su una carreggiata condivisa con i veicoli tradizionali. Figuriamoci in contesti come quello italiano, con poche piste ciclabili e spesso mal progettate (qui la nostra videoprova a Roma). Un altro problema è il caos regolatorio: è difficile capire con esattezza come e dove è possibile condurre i mezzi (fra ZTL, zone pedonali, marciapiedi). Un ulteriore elemento di sfiducia, secondo quanto dichiarato dalle stesse intervistate, è la mancanza di spazi sicuri in cui poter impratichirsi.

Il monopattino è progettato per il maschio medio

Il problema principale ruota intorno al design dei mezzi e alla modalità dell’offerta. Secondo le utenti, i monopattini sono pesanti da manovrare e non hanno alcuna capacità di carico. L’utilizzo obbligato di uno smartphone, con procedure che a volte possono essere lunghe e complesse, specialmente se occorre ricaricare credito o impostare un account per la prima volta, è un altro aspetto delicato: “Può servire tempo per sbloccare il mezzo e spesso ci si può sentire insicure specialmente di notte, se ci si trova in una strada isolata o magari sul ciglio di una carreggiata”, ha spiegato una persona coinvolta nei focus group. Non è un caso che la visione che si ha dall’esterno di questo mondo sia di mezzi utilizzati principalmente dai giovani e, in particolare, dai giovani maschi.

Tornando alla progettazione dei monopattini, cui il report dedica ampio spazio, le persone intervistate hanno sottolineato come il loro design non tenga in debita considerazione i bisogni delle donne e di altri gruppi. Per esempio, la capacità di trasportare borse o altri oggetti, il peso stesso del mezzo (in media, circa 16 kg), il modo in cui si deve manovrare e gestire (per esempio per rimetterli sul cavalletto a fine corsa) e altre caratteristiche considerate a dir poco ostiche. Se è chiaro che i monopattini in condivisione non possano proporre una soluzione per tutti, almeno non in questo momento, nel complesso (lo raccontano le testimonianze raccolte) sono percepiti come pesanti, difficili da manovrare, inutili in termini di carico ma anche per trasportare semplici accessori: tutti aspetti che, secondo le partecipanti all’indagine, finiscono per escludere molte donne così come persone con disabilità o più anziane. E trasformare gli escooter in giocattoloni per maschi giovani che il più delle volte (altro esito dell’indagine) non li usano in modo sensato, per lavoro o per coprire il cosiddetto ultimo miglio fra mezzo pubblico e ufficio, ma per il tempo libero.

La stessa indagine di VOI riconosce che il tipico modello di monopattino oggi in servizio sulle strade delle nostre città sia disegnato “per un maschio medio”. Basterebbero, per cominciare, piccoli accorgimenti (un cestino, un piccolo gancio di traino per le bici dei bambini) o strategie più articolate per noleggiarli senza ansie, come concentrare in una specifica area di una città degli escooter più accessibili e comodi di quelli standard.

Le raccomandazioni a governi e aziende

Nel complesso, oltre il design dei mezzi e prendendo in considerazione tutte le difficoltà manifestate dalle donne ascoltate, le raccomandazioni che escono dall’indagine sono di vario genere. Da quelle per i governi, che dovrebbero rendere uniformi e più chiare le regole per la circolazione, a quelle per le amministrazioni locali e le aziende, che dovrebbero pensare a zone di prova per chi volesse imparare, immaginare un design inclusivo e servizi di condivisione più ricchi, in grado di accogliere le richieste di diverse tipologie di utenti. Ancora: informare in modo più preciso le utenti, pensare a sistemi e aree dedicate per il noleggio notturno e poi (ma questa è una partita ben più ampia) reimmaginare alle fondamenta i sistemi di viabilità cittadina, da cucire intorno ai pedoni e alle nuove formule di trasporto, non più ai mezzi a motore. Secondo VOI, infine, tutti gli operatori del settore dovrebbero diffondere ogni anno dati trasparenti e accessibili su chi e come usa i propri monopattini, appunto per capire se si sia sulla strada giusta per chiudere quest’altro gender gap.

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