La storia in 3D di David e il suo doppio

La storia in 3D di David e il suo doppio

Il David di Michelangelo Buonarroti avrà il suo doppio e sarà la versione più fedele mai prodotta. Ennesima copia, nel corso dei secoli ne sono state prodotte tante, stavolta identica in ogni dettaglio grazie alla tecnologia e destinata al Padiglione Italia dell’Esposizione universale di Dubai che aprirà ad ottobre. Rimossi i vetri protettivi che circondano la statua alla Galleria dell’Accademia di Firenze, da qualche ora è stata avviata la costruzione del modello digitale. Non è semplice trattandosi di una statua altra cinque metri e venti centimetri, soprattutto quando si vuol cogliere ogni forma e ogni sfumatura cromatica con strumenti che hanno un margine di errore nell’ordine dei micron, al di sotto dello spessore di un capello. Una volta completata la fase della scansione si passerà al controllo minuzioso dei dati per poi stampare in tre dimensioni il David con l’intervento finale di alcuni artigiani per gli ultimi ritocchi.


«Stiamo usando tecnologie che non hanno molto a che fare con la conservazione del patrimonio artistico», racconta Grazia Tucci, a capo dell’operazione che è sotto l’egida del Ministero dei Beni Culturali e Turismo e del Commissariato italiano per Expo 2020 Dubai. Professoressa di geomatica al dipartimento di Ingegneria civile e ambientale all’Università di Firenze, quel che serviva lo ha trovato «nelle applicazioni industriali, iniziando dagli scanner impiegati fra le altre cose per controllare i prototipi delle pale eoliche».

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Ricercatori dell’Università di Firenze in collaborazione dei tecnici della Hexagon, multinazionale svedese attiva nel campo dei sensori e delle soluzioni autonome, per la digitalizzazione dell’opera stanno usando due strumenti differenti. Il primo è un tracciatore abbinato ad uno scanner laser con una precisione che si misura in centesimi di micron e che impiegherà circa quaranta ore a compiere il lavoro. Il secondo strumento, utilizzato per il rilievo delle parti complesse, è un sensore a luce strutturata formato da un proiettore e due telecamere ad alta risoluzione: il proiettore illumina la superficie della statua con delle forme geometriche che servono alle due camere per acquisire le superfici. Lo scanner in pratica è per la figura nel suo insieme, il sensore a luce strutturata per i dettagli.


Non è la prima volta che il David, scolpito fra il 1501 e il 1504, viene digitalizzato. Nel marzo del 1999 un gruppo di studiosi della Stanford University guidati da Marc Levoy ne eseguì una scansione tridimensionale. Da allora diverse opere d’arte iconiche sono entrate nell’epoca della riproducibilità digitale, parafrasando il titolo del saggio incompiuto di Walter Benjamin. A volte per l’impossibilità di spostarle o riunirle, per proteggere l’originale dalle intemperie sostituendolo con una riproduzione, per permettere ai visitatori di toccare con mano una versione di quel che stavano guardando. O ancora per compensare dei vuoti: cinque anni fa la Factum Arte di Madrid diretta da Adam Lowe, dopo aver scansito a partire dal 2001 le tombe di Seti I, Tutankhamon e Thutmose III in Egitto, ha realizzato una copia esatta della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi dipinta nel 1609 da Caravaggio grazie al finanziamento di Sky da 100mila euro. È stata data all’Oratorio della compagnia di San Lorenzo a Palermo dove si trovava l’originale rubato nel 1969.


«Stanford non aveva gli strumenti che abbiamo noi oggi», sottolinea Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia. «In appena due settimane avremo un doppio digitale del David in altissima risoluzione che sarà la base per la copia. E non temo la replicabilità, anche se si usasse il medesimo tipo di marmo. L’originale rimarrà unico come sempre è stato. L’ottenere informazioni tanto precise che resteranno nelle nostre mani di un’opera così importante ci potrà di dire molto della statua e su quel marmo tanto difficile che Michelangelo seppe modellare. È uno dei primi tasselli di un archivio che spero si possa ampliare al più presto con altre opere». La digitalizzazione dei pezzi migliori del nostro patrimonio non è infatti praticata su larga scala. In tanto parlare di centralità dei dati, dalla pubblica amministrazione alla sanità, siamo ancora legati a singoli eventi e sponsorizzazioni senza una strategia complessiva.

Ma all’Università di Firenze parlano comunque di processo industriale innovativo e di rinascita: sostengono che l’operazione sia il simbolo dell’Italia che risorge dopo un periodo tanto difficile attraverso l’alta tecnologia applicata alla nostra storia. Il David del resto, che ogni epoca ha rivestito dei suoi simboli e dei suoi desideri, venne commissionato dalla corporazione dell’Arte della Lana e l’Opera del Duomo e doveva poggiare su uno dei contrafforti esterni della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Su quel grande blocco di marmo, di scarsa qualità, avevano già provato a lavorare due artisti. Michelangelo, venticinquenne, riuscì dove loro avevano fallito e il risultato superò a tal punto le aspettative che la statua fu posta a piazza dei Priori dove è rimasta fino all’Ottocento. Ha spesso rappresentato l’aver fede in un futuro migliore e più sicuro. E adesso lo farà anche grazie alla sua copia più fedele stampata in 3D.

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