Impatto con l’asteroide, le prime immagini dalla sonda italiana Liciacube

Impatto con l’asteroide, le prime immagini dalla sonda italiana Liciacube

La nuvola bianca di rocce e pulviscolo che si solleva dall’asteroide colpito dal proiettile in forma di sonda è la prova del successo di due missioni. Quella di Dart, il test della Nasa, che ha colpito Dimorphos, piccolo corpo celeste, per provare a piegare la sua traiettoria. L’altra è quella di Liciacube, minuscolo satellite made in Italy, scelta per osservare tutto e inviare queste immagini a Terra, istantanee di un momento storico: il primo test di difesa planetaria mai condotto dall’uomo.

A svelare le prime foto spedite da Liciacube, dopo la diretta della scorsa notte, sono state, insieme, Argotec e l’Agenzia spaziale italiana. Rispettivamente il costruttore e il committente tramite per la Nasa. Liciacube è grande quanto un forno a microonde, si è staccata da Dart un paio di settimane prima dell’impatto e si è posizionata su una traiettoria ‘sicura’, per passare circa 50 chilometri sopra il punto in cui la ‘sorella maggiore’ americana è piombata sulla superficie di Dimorphos. Vicina a sufficienza da poter riprendere immagini ad alta risoluzione, ma abbastanza lontana da non essere investita dai detriti espulsi dalla collisione.

“Si può provare qualsiasi cosa a terra, ma quando vai nello spazio è sempre la prima volta – ha raccontato David Avino, Ceo di Argotec – ieri alle 4 e 23 abbiamo aperto la prima immagine, è stato emozionante, abbiamo visto quei due puntini ripresi da 1.000 chilometri di distanza, e abbiamo capito che eravamo sulla giusta rotta, ce l’avevamo fatta. Non era scontato. Liciacube ha scattato circa 620 immagini, lo stesso numero che ci aspettavamo”. 

Dal suo punto di osservazione, Liciacube ha visto l’esplosione di detriti che rifletteva la luce del Sole stagliarsi contro il cielo buio. In primo piano Didymos, l’asteroide principale, dietro, il lampo luminoso che avvolge Dimorphos, un’eruzione di materia proiettata dall’impatto della sonda piombata a 6,6 chilometri al secondo, oltre 23 mila chilometri all’ora. Secondo Elisabetta Dotto, Science team lead dell’Istituto nazionale di astrofisica, si tratta di materiale prezioso: “Molto promettente, ha già l’aspetto di un grande lavoro scientifico”.

Per l’Italia si tratta di una missione storica, la prima tutta tricolore nello spazio profondo, come ha ricordato il presidente dell’Asi, Giorgio Saccoccia. Argotec, azienda torinese, è stata selezionata per assistere la Nasa grazie alla grande innovazione dei suoi sistemi. Le sue sonde, Liciacube in primis, ma anche Argomoon, la ‘cugina’ che volerà nella prima missione del programma Artemis, hanno un sistema di navigazione autonomo che consente loro di riconoscere nel proprio campo visivo l’obiettivo, e impostare da sole la rotta. Anche Dart aveva una ‘bussola’ italiana. Leonardo ha  infatti fornito alla Nasa il sensore d’assetto che ha contribuito a guidare con grandissima precisione la sonda verso l’impatto contro l’asteroide. Un dispositivo in grado di “puntare” una monetina da un euro a 2,5 chilometri di distanza.

A sottolineare il successo di Liciacube è stato per primo Thomas Zurbuchen, responsabile delle missioni scientifiche della Nasa, collegato dagli Stati Uniti. “Questa notte Dart è stata la prima missione umana a deviare il cammino di un corpo celeste e Liciacube è la prima deep missione italiana nello spazio profondo e effettuare operazioni in completa autonomia. Poche nazioni al mondo ne sono in grado”. Usare l’intelligenza artificiale per orientare un cubesat è una tecnologia nuova, ma dal grande futuro: “Ricordo che quando è stato proposto, alcuni colleghi mi dicevano che era quasi impossibile che avesse successo. E invece sono orgoglioso dei nostri colleghi italiani. Questa capacità avrà applicazioni per scienza planetaria ma anche attorno alla Terra” ha concluso Zurbuchen. “C’è un programma intero dedicato a questi satelliti – ha continuato Saccoccia – grandi idee che nascono da piccole imprese e che, come nel caso di Argotec, possono arrivar a contribuire a missioni con grandi partner”.

Nei prossimi giorni arriveranno altre immagini importanti da Liciacube per conoscere meglio i dettagli dello scontro. Gli scienziati vogliono sapere quanto materiale è stato espulso, questo dice tanto sulla composizione e la ‘durezza’ di Dimorphos, che dalle ultime immagini sembra proprio essere un ammasso di pietrisco, polvere e ciottoli tenuti incollati insieme da una debolissima attrazione gravitazionale. Dati importanti per stabilire quanto la massa di un ‘proiettile spaziale’ come Dart è in grado di deviare un corpo celeste con queste caratteristiche.

Mentre per sapere quanto Dart, grande come una piccola automobile per mezza tonnellata di peso, sia riuscita a deviare il cammino di Dimorphos (160 metri di diametro). I telescopi da Terra ora prendono il tempo a Dimorphos, misurando quanto è accelerata la sua orbita attorno al fratello maggiore.

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