Il primo tweet di Dorsey venduto per 2,9 milioni: è scoppiata la febbre degli NFT

Il primo tweet di Dorsey venduto per 2,9 milioni: è scoppiata la febbre degli NFT

Si chiamano “nft”, “non fungible tokens”. In parole povere, sono certificati di proprietà digitale: non ti assegnano un oggetto fisico, ma appunto la certificazione univoca che un qualsiasi oggetto digitale (un tweet, un’opera d’arte multimediale, un disco, un lavoro grafico, in generale un documento elettronico) appartenga a te. Anche se, per sua stessa natura, chiunque potrà continuare a usarlo, riprodurlo e modificarlo. Invece che un notaio, a garantire questo scambio c’è la blockchain di Ethereum, un sistema di verifica incrociata fra calcolatori e server farm basata su una ragnatela globale di computer impegnati a risolvere complessi calcoli matematici. Il fenomeno era esploso qualche anno fa con i CryptoKitties, gattini collezionabili intorno ai quali si era sviluppata un certo movimento, anche se ridotto a una nicchia di appassionati. Ora la bolla dei “token non fungibili” sta letteralmente esplodendo: la vendita all’asta del primo tweet pubblicato nel 2006 da Jack Dorsey, cofondatore e Ceo di Twitter, per 2,9 milioni di dollari ne è solo la prova più lampante. Ad assicurarselo l’imprenditore malese Sina Estavi, Ceo di Bridge Oracle. La cifra, per fortuna, è stata immediatamente devoluta in beneficienza: ma la questione non cambia.

Nelle scorse settimane, per esempio, Christie’s aveva battuto all’asta un collage digitale dell’artista Beeple, nome d’arte del designer Mike Winkelmann, per 69 milioni di dollari. “Everydays: The First 5000 Days”, questo il nome dell’immagine .jpg, non ha cornice né tela, e neanche arriverà a casa dell’acquirente: rimarrà dov’è, cioè online, disponibile per tutti. A chi l’ha comprato viene assegnato appunto un token contenente dei metadati, un certificato univoco su cui gli esperti si stanno interrogando da tempo. Che succede se il proprietario lo modifica? E se il sito dal quale è transitata la transazione chiude? In teoria non molto, perché il valore di uno smart contract sta proprio nella sua immutabilità e nel fatto di essere garantito dalla blockchain che l’ha certificato.

Sempre negli ultimi tempi stanno decollando piattaforme dedicate alla compravendita di praticamente qualsiasi frammento di vita digitale che possiate immaginare: su Nba Top Shot oltre 100mila utenti hanno speso oltre 250 milioni di dollari scambiandosi, come figurine digitali, brevi clip delle partite di basket. Sorare sfrutta lo stesso sistema proprio con un meccanismo che cavalca il fantasy football e le carte collezionabili dei giocatori. Le case d’asta, come visto, si stanno accodando e ricchi affari li sta facendo anche la nuova compagna di Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, l’artista Claire Boucher (in arte Grimes) che ha venduto dei contenuti multimediali in questa modalità per diversi milioni di dollari su un’altra piattaforma dedicata, Nft Nifty Gateway. Dietro alla quale si nascondono i gemelli Cameron e Tyler Winkelvoss, Re Mida del fintech, quelli a cui tanti anni fa Mark Zuckerberg avrebbe sgraffignato l’idea di Facebook.

Ancora: all’inizio di marzo la band statunitense dei Kings of Leon ha annunciato che avrebbe venduto un’edizione limitata del nuovo disco “When you see yourself” come non fungible token. Che significa? In questo caso, oltre alla mera soddisfazione e al certificato, si aggiungono anche dei benefit fisici come delle copie in vinile e dei posti in prima fila per futuri concerti. Segno di come la soluzione NFT possa essere molto versatile, mescolando garanzie online e benefici offline. Il magazine Time, uno fra i più letti del mondo, ha invece appena messo all’asta due storiche copertine e una inedita per diverse migliaia di dollari.

Insomma, da una parte c’è la sempreverde logica della collezione, dall’altra quella dell’investimento. In mezzo, la sterminata gamma di ciò che effettivamente possa essere collezionato o diventare fonte di guadagno o speculazione grazie a questa registrazione diffusa su migliaia di computer: praticamente ogni declinazione dell’attività umana. Perfino i meme, che sembrerebbero quanto di meno collegabile a un autore specifico perché cortocircuiti grafici frutto dell’intelligenza collettiva del web e dei social: la celebre gif “Nyan Cat”, quella del gattino col corpo da biscotto che vola sulla scia di un arcobaleno e nota online da molti anni, è stata venduta dall’autore Chris Torres per 500mila dollari. Semplicemente, abbiamo trovato un modo per firmare in modo incontrovertibile e all’apparenza immutabile un’opera, assegnandola a un utente che disponga di un portafogli Ethereum (che non serve solo a comprare e vendere la criptovaluta associata, Ether), certificando attraverso la revisione e registrazione condivisa una certa stringa alfanumerica che sta a rappresentare quell’oggetto digitale, qualunque cosa sia.

Come si diceva, sono nate e cresciute negli ultimi tempi delle piattaforme che da una parte si mettono all’opera proponendo contenuti su cui investire e da scambiarsi e dall’altra si limitano a favorire questo mercato. Oltre alla già citata Nifty Gateway ci sono Known Origin, Open Sea, Valuables (che è il sito su cui Dorsey ha condotto il suo esperimento col tweet milionario). Gli stessi marketplace stanno navigando col vento in poppa, raccogliendo finanziamenti e ampliando le proprie attività per correre dietro a questa febbre che qualcuno definisce senza mezzi termini bolla. Se ne contano decine: CryptoPunks, Rarible, Foundation sono alcuni fra i più noti. E c’è da scommettere che qualche gigante della rete si muoverà presto per occupare quello spazio nascente, se non l’ha già fatto con gli intrecci di finanziamenti e investimenti.

Speculazione assoluta? Forse. E le fluttuazioni, paragonabili a quelle a cui vanno periodicamente incontro le criptovalute come Ether e Bitcoin, sembrerebbero deporre a favore di questa lettura. Soluzione epocale al tracciamento e a nuove forme di mercato attraverso le quali acquistare anche ciò che prima era sostanzialmente inacquistabile e difficile da portarsi dietro? Anche questa è una strada: il labirinto di oggetti, file, prodotti digitali e fisici, derrate alimentari e forniture, condizioni e status da certificare per garantirne la portabilità da un ambiente all’altro, anche in questo caso fisico o digitale, è praticamente infinito e senza uscita. La stessa blockchain viene utilizzata da anni per esperimenti di ogni genere, dalle elezioni al tracciamento dei prodotti agricoli e c’è chi ci sta pensando per i “passaporti sanitari” che riaccendano il turismo dopo il Covid-19 (l’app si chiama My Heath Passport). Anche se, su tutto, rimane da chiarire il tema del diritto d’autore, specialmente per le creazioni multimediali, perché l’acquisto di questi smart contract non include il copyright allo stesso modo per cui se compri un vinile d’epoca dei Rolling Stones non incasserai i proventi del diritto d’autore ma potrai monetizzare esclusivamente la proprietà di un pezzo di valore.

Alla base ci sono come sempre consapevolezza e fiducia, due fattori difficili da alimentare nel grande pubblico su questioni così complicate solo da capire: tuttora le criptovalute, pane quotidiano di molti da diversi anni, rimangono dimensioni sconosciute a gran parte della popolazione e viste con scetticismo da molte autorità del mondo. La strada è lunga ma forse la chiave dei collezionabili d’investimento sembra meno minacciosa di quella di una valuta alternativa per consentire al meccanismo di schiudersi dalla sua nicchia. Anche se il principio di fondo è esattamente lo stesso.

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