Il Ceo di Apple, Tim Cook: “Con le app si può cambiare il mondo”

Il Ceo di Apple, Tim Cook: “Con le app si può cambiare il mondo”

“Penso che la tecnologia possa aiutare a risolvere alcuni dei problemi più importanti che affliggono l’umanità, dal cambiamento climatico a malattie oggi incurabili. Ma per farlo dobbiamo muoverci insieme nella stessa direzione”. Tim Cook è ottimista, tirando le somme della sua lunga giornata napoletana in una saletta dall’Apple Academy di San Giovanni a Teduccio. Un ottimismo che il Ceo di Apple ha espresso anche qualche ora prima, nell’Aula Magna dell’Università Federico II: “Viviamo un momento storico cruciale. Dalla guerra in Ucraina all’incertezza che pervade l’economia globale, ci troviamo davanti a sfide fuori dal comune. Eppure questo è anche un momento di opportunità senza precedenti, in cui la promessa e il potenziale dell’innovazione crescono più rapidamente che mai”.

Una promessa

Cook è a Napoli per ricevere la laurea honoris causa in Innovation and International Management, ma anche per mantenere una promessa fatta sei anni fa, all’annuncio della nascita dell’Academy. A San Giovanni a Teduccio arriva nel primo pomeriggio, con altri dirigenti, tra cui Lisa Jackson, vice presidente e responsabile delle iniziative per ambiente, società e policy. Ascolta, stringe mani, si ferma per decine di selfie; infine sale sul palco dell’auditorium e risponde alle domande degli studenti. “Dei miei anni di università – spiega – mi sono rimaste non tanto le nozioni, quanto la capacità di risolvere problemi”. È l’idea stessa dell’Academy: si impara facendo, in un campus che potrebbe essere nella Silicon Valley e invece è a due passi dalle strade di Gomorra

E si impara insieme, dando spazio alle differenze e alle prospettive di ciascuno: “Se condivido la mia idea, cresce e diventa migliore, perché ognuno può dare il suo contributo”, dice Cook. E cita un vecchio e famoso slogan di Apple: “Cerchiamo persone che pensano in modo differente, cioè fuori dai dogmi. Per lavorare da noi serve curiosità e capacità di fare domande, perché non esistono domande stupide”.  

Dalla passione al lavoro

Sono finora circa duemila i diplomati e le diplomate dell’Academy, e molti hanno trasformato la loro passione in un impiego. “L’ecosistema delle app per iOS in Europa ha creato 2,3 milioni di posti di lavoro”, ci spiega Tim Cook. “È un segmento in rapida crescita, ed è bene curarlo con attenzione per non perdere l’opportunità di creare nuovi imprenditori”. Però il lavoro non è tutto, per il numero uno della più grande azienda tech del mondo: “Bisogna trovare una ragione più grande. La mia visione dell’azienda è servire gli utenti e migliorare la loro vita, ma farlo in modo etico. Senza questo non c’è un centro di gravità che ti tenga ancorato al tuo scopo e che ti spinga a dare il massimo per rendere il mondo un posto migliore”. 

Lasciare un mondo migliore

Ad esempio, un posto dove ognuno può scegliere cosa fare dei suoi dati personali: “La privacy è un diritto umano fondamentale, che va difeso perché riguarda la nostra libertà di movimento e di espressione. Sempre più persone ne sono consapevoli, e io sono ottimista, vuol dire che stiamo andando nella direzione giusta”, osserva. 

Un altro dei capisaldi della cultura Apple è l’attenzione all’ambiente. “Da oltre due anni siamo carbon neutral in tutte le nostre attività globali”, dice, e spiega come, per ridurre l’impatto ecologico, in ogni settore dell’azienda si stiano mettendo in discussione pratiche e abitudini consolidate, ad esempio eliminando la plastica che avvolge le confezioni di vendita. Anche questa è una sfida che si può vincere solo insieme agli altri: “Ci stiamo impegnando perché anche i nostri fornitori riducano sempre più le emissioni”. Ancora più ambizioso l’obiettivo che svela a Napoli: “La nostra idea è arrivare a non prendere più nulla dalla terra per costruire i nuovi prodotti”.

È una questione di scelte, riflette Cook: “Di per sé, una tecnologia non è intrinsecamente buona o cattiva, è neutra. Sta a chi la inventa e chi la usa immaginarne le possibili implicazioni, evitare gli aspetti negativi e accentuare quelli positivi”. Ai ragazzi e alle ragazze in auditorium prima aveva citato come esempio l’Apple Watch, con cui si può fare un elettrocardiogramma in ogni momento, e che ha permesso di scoprire per caso malattie e malformazioni potenzialmente fatali. Ma Apple ha ideato altri modi per salvare la vita ai suoi clienti: nell’ultimo iPhone c’è un sistema che in caso di incidente stradale chiama automaticamente i soccorsi, ed è possibile inviare messaggi di emergenza anche senza copertura cellulare. Perché non condividere queste funzioni con Android, com’è stato con la piattaforma per il tracciamento dei contatti Covid-19? “È necessario un enorme livello di integrazione tra hardware e software. Tuttavia l’industria ha l’abitudine di seguirci quando facciamo qualcosa, quindi queste funzioni potrebbero essere un punto di partenza per altri produttori”. 

Ripensare la realtà

A proposito di nuove tecnologie, il Ceo di Cupertino scherza con chi gli chiede dei prossimi prodotti, ma poi indica chiaramente una strada: “Un giorno ci chiederemo come abbiamo fatto a vivere senza la realtà aumentata”, dice. In privato va più nel dettaglio: “Esistono già app che permettono di vedere come starebbe un divano o un quadro nel nostro soggiorno, ma si andrà molto oltre, perché l’AR è una piattaforma orizzontale, in grado di influenzare tutti i settori verticali in modo significativo, dall’istruzione alla medicina”. Del suo interesse per la realtà aumentata, Cook ha discusso spesso, e non è un segreto che Apple stia lavorando a dei visori per realtà aumentata, in arrivo quasi certamente entro l’anno prossimo. 

Meno entusiasta la reazione alla realtà virtuale e al metaverso: “Per me è importante che le persone capiscano a fondo di cosa si tratta, e non sono sicuro che in molti oggi possano dire cosa significa realtà virtuale. Penso che ci sia uno spazio per la realtà virtuale come qualcosa in cui immergersi, ma non credo che nessuno voglia vivere così tutta la vita. La realtà virtuale va usata per un periodo di tempo determinato, non mi sembra ad esempio il modo migliore per comunicare tra persone. Non sono contrario, è che la vedo utilizzabile solo per certi scopi”. 

Realtà virtuale, aumentata e mista hanno in comune il fatto di ridisegnare i limiti delle nostre esperienze quotidiane attraverso il digitale. E tutto nasce dal software, da milioni di righe di codice. “La programmazione dovrebbe essere insegnata a scuola, fin dalle elementari, come una seconda lingua davvero universale”, osserva Cook. “Penso sia un modo di esprimere sé stessi, attingendo alla propria creatività, per affrontare le cose che non vanno nel mondo e cambiarle. Oggi all’Academy ho incontrato alcuni sviluppatori che lavorano a un’app per aiutare le scuole in Africa a gestire la loro tecnologia informatica. Non sto dicendo che dobbiamo diventare tutti programmatori, ma per me il codice aiuta a sviluppare il pensiero critico, una capacità che può tornare utile in molte occasioni”. 

Il fondatore

Già anni fa Steve Jobs insisteva sull’importanza del coding e aveva avviato diversi programmi con scuole e università. Il fondatore di Apple, in maniera esplicita o implicita, ricorre spesso nelle parole di Cook, che nel suo discorso lo definisce “un genio visionario”. “Tutti noi siamo ispirati da Steve”, dice alla fine del nostro incontro. “La sua etica, il suo DNA sarà sempre il fondamento di Apple. E credo che sia giusto, perché veneriamo il nostro fondatore, amiamo ciò che ha rappresentato e vogliamo continuare il suo viaggio”. Perché è nel viaggio il segreto della felicità, come ricorda a studenti e studentesse dell’Academy: “Alla vostra età ero troppo concentrato sulla prossima tappa da raggiungere, che fosse un lavoro o una promozione. Ma ho imparato da Steve che la gioia è nel percorso, non nel traguardo”.

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