Fuga da Twitter? Le alternative al social dell’uccellino finito nelle mani di Musk

Fuga da Twitter? Le alternative al social dell’uccellino finito nelle mani di Musk

La battaglia è appena cominciata: quella fra la scatenata fanbase di Elon Musk, una specie di setta internazionale di tecnoentusiasti, e gli apocalittici che impartiscono l’estrema unzione a Twitter, considerandolo morto e sepolto almeno per come lo abbiamo conosciuto fino a oggi. L’acquisizione della piattaforma da parte del fondatore e Ceo di (fra le altre) Tesla e SpaceX, avvenuta per giunta in tempi molto rapidi per 44 miliardi di dollari, ha spiazzato la community, specialmente gli utenti storici che per anni hanno scientificamente evitato di sbarcare su altri social. O se lo hanno fatto, hanno pur sempre mantenuto Twitter come proprio canale d’elezione. E ora, con l’approdo dell’uomo più ricco del mondo di cui non condividono idee e scelte, si domandano dove poter migrare.

Mentre Musk, nel primo giorno da proprietario, pubblica di fatto uno screenshot contenente una sua dichiarazione dal comunicato ufficiale dell’acquisizione ben più lungo di 280 caratteri, in cui ribadisce la sua posizione sul principio della libertà di parola e anticipa alcune delle novità che potremmo trovarci di fronte, l’entità di questa migrazione rimane tutta da capire. Con ogni probabilità rimarrà limitata, almeno all’inizio. Difficile che piattaforme decentralizzate, e molto interessanti sotto il punto di vista di principio, come Mastodon – che ha visto montare un certo interesse nelle ultime settimane pur essendo in circolazione da sei anni – possano essere considerate valide alternative nell’immediato. Anche se tutto potrà succedere. L’assurdità è che proprio Mastodon, nella sua logica di “istanze”, cioè server separati ma federati fra loro in ossequio alla logica del Web3, sarebbe apparsa una creatura più affine al Musk amante delle criptovalute piuttosto che il buon vecchio Twitter. Ma i milioni di utenti attivi su Twitter, e il valore di quella ragnatela per la costruzione dell’agenda politica mondiale, non si discutono. E non ci sono esperimenti che possano rimpiazzarli.

Alternative reali e simmetriche a Twitter per chi non sia entusiasta del passaggio di mano a Musk, e del prossimo “delisting” da Wall Street che abbatterà gli obblighi di trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica, di fatto non esistono. E il valore di questa rete fondata nel 2006 a San Francisco da Jack Dorsey, Biz Stone, Evan Williams, Noah Glass sta proprio in questa sua unicità: negli anni non è emerso alcun concorrente del tutto speculare. Twitter ha costruito la sua audience, spesso incompatibile con quella di altre piattaforme che invece facevano a gara di copia & incolla nelle funzionalità e nelle novità (vedi Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok) e certo, ci si è impantanata faticando a trovare canali sostanziali di redditività e di crescita. Ma non ha neanche perso posizione, rimanendo nonostante tutto una piazza a sé stante. La controprova può essere questa: quando Twitter ha provato a lanciare la sua funzionalità per le “storie”, i contenuti effimeri a scomparsa dopo 24 ore presenti praticamente ovunque – anche su TikTok – si è resa conto che non funzionavano e ha fatto marcia indietro dopo pochi mesi. Caso appunto unico nell’ecosistema social.

Certo c’è Reddit, l’arcinota piattaforma statunitense a cavallo fra i vecchi forum e il microblogging che nel 2020 viaggiava intorno ai 50 milioni di utenti attivi su base quotidiana ma non ha mai attecchito in Italia, almeno fuori da certe nicchie. Oppure alternative social e di discussione audio e video come Discord, legato tuttavia al mondo del gaming. Forse la storica Tumblr, passata da Yahoo!, poi da Verizon e infine da Automattic, che mescola la logica dei blog del Web 1.0 a quella del flusso social potrebbe somigliare più di altre a Twitter. Lì sopra il 48% dell’utenza appartiene alla cosiddetta Generazione Z, quella dei nati a partire dal 1995 e fino al 2010, ma il retroterra è molto diverso e l’esperienza per gli utenti non così intuitiva. Divertente, infine, segnalare una piattaforma come Plurk, semi-clone di Twitter con proprie peculiarità dove si possono pubblicare post di massimo 360 caratteri (all’inizio erano 140, proprio come su Twitter) e che organizza i contenuti e la discussione secondo una linea cronologica orizzontale e non verticale. È stata lanciata nel 2008, un paio di anni dopo la nascita del più celebre modello, a Taiwan e, volendo, è disponibile sull’App Store di Apple e sul Play Store anche in Italia. Come si vede, di Twitter ce n’è – o ce n’era? – uno solo. 

 

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