Facebook si prepara al caos delle elezioni Usa: blocco dei post virali e modifiche all’algoritmo

Facebook si prepara al caos delle elezioni Usa: blocco dei post virali e modifiche all’algoritmo

Facebook si sta preparando alla possibilità di una situazione di caos intorno alla data del 3 novembre, giorno delle elezioni americane. La piattaforma ha messo a punto, secondo quanto anticipato dal Wall Street Journal, una serie di strumenti tecnici già sperimentati in altri Paesi, come Sri Lanka e Myanmar, per evitare che il social più diffuso del mondo diventi cassa di risonanza per la propagazione di messaggi falsi, contenuti violenti, organizzazione di azioni (fisiche e non virtuali) potenzialmente pericolose. Alcune delle misure sono piuttosto invasive rispetto al normale flusso di informazioni che si vede su Facebook, dunque saranno usate solo in caso di individuazione di veri pericoli – assicurano le fonti del Wsj – ma la piattaforma si sta mettendo in condizione di reagire immediatamente a qualsiasi evenienza. 

La “blindatura” preventiva di Facebook prevede la possibilità di rallentare la diffusione di post nel momento in cui se ne individua la diffusione virale, l’intervento sull’algoritmo che governa i flussi di post che vediamo sulla nostra bacheca, la modifica delle regole che individuano quali contenuti siano ritenuti più o meno in ottemperanza con le linee guida di Facebook, dunque passibili di rimozione dalla piattaforma. 

Si tratta di un intervento attivo da parte degli operatori di Facebook che ha pochi precedenti, e potrebbe alterare significativamente quel che i cittadini-elettori americani vedranno sulle loro bacheche nei giorni intorno alle elezioni. Se da una parte la mossa costituisce un’ammissione di responsabilità da parte del social di Mark Zuckerberg, dall’altra alcuni critici sono preoccupati che si finisca per affogare anche discussioni politiche legittime solo perché diventate virali. In questo senso potrebbe essere d’aiuto l’avvio dei lavori proprio in questi giorni di quella che è stata soprannominata la “Corte suprema” di Facebook, il comitato indipendente composto da alte personalità del mondo del giornalismo, della giurisprudenza, della difesa dei diritti umani cui si potrà fare ricorso nel caso di interventi considerati “illeggittimi” sui contenuti diffusi dalla piattaforma.

La preoccupazione di Zuckerberg però è massima, dopo il precedente delle elezioni del 2016 in cui su Facebook si concentrarono le critiche di chi individuò quello come terreno fertile per la diffusione di propaganda elettorale mendace e di interferenze straniere. Già a settembre Zuckerberg aveva avvertito, in un post, circa i rischi di disordini e violenze che avrebbero potuto accompagnare queste elezioni anche perché ci vorranno giorni prima di avere la proclamazione di un vincitore definitivo per la Casa Bianca. “Queste elezioni non sono business as usual. Abbiamo tutti la responsabilità di proteggere la nostra democrazia”. In una conference call interna, Zuckerberg si era spinto ancora più in là, riconoscendo che la pandemia del Covid19 aveva già costretto la piattaforma a limitare la libertà di espressione più di quanto lui avrebbe voluto e le elezioni avrebbero provocato lo stesso esito. Una vittoria di grandi proporzioni di uno dei due candidati, aveva aggiunto, avrebbe aiutato ad evitare un clima di incertezza potenziale motore di violenze.

Le nuove misure di “contenimento” della rabbia e della disinformazione online si aggiungono a un pacchetto presentato il mese scorso dal capo della comunicazione di Facebook Nick Clegg in vista delle elezioni. Facebook annunciava il blocco di tutti gli spot politici nell’ultimo mese prima delle elezioni, l’aggiunta in testa ai “feed” di Facebook e di Instagram di blocchi informativi, un servizio di spoglio in diretta dei voti in collaborazione con l’agenzia Reuters, la rimozione di tutti i contenuti verificati come falsi e fuorvianti sul Covid19 in relazione alle elezioni, la “marchiatura” di tutti i post che dichiarassero prematuramente la designazione di un vincitore. 

Se dunque Facebook torna a intervenire per adottare controlli ancora più stringenti vuol dire che i segnali che giungono alla piattaforma sono davvero allarmanti. Nelle ultime settimane sia i repubblicani che i democratici si sono lamentati per la presunta partigianeria della piattaforma: il presidente Donald Trump ha denunciato la “censura” dell’articolo del New York Post che accusava senza prove il figlio di Joe Biden di malversazioni. Mentre i democratici accusano la piattaforma di essere terreno di coltura dei gruppi estremisti di destra che sostengono Trump e di non aver fatto abbastanza per impedire il dilagare di contenuti falsi, violenti e diffamatori nei confronti di Joe Biden. Rappresentanti di alto livello del partito democratico, ha scritto Vox nei giorni scorsi, fin da maggio hanno tenuto incontri e confronti con manager di Facebook per affrontare l’emergenza dei gruppi estremisti organizzati e attivi sulla piattaforma. L’esito di queste conversazioni, dicono le fonti, “era da sbattere la testa al muro” per quanto inconcludenti e poco reattivi e trasparenti si rivelassero gli interlocutori. L’attacco bipartisan potrebbe sembrare la prova di un approccio equilibrato, ma visto in un’altra ottica è anche il sintomo dell’incapacità di regolare e monitorare una piazza ormai così vasta. 

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