Dal Colosseo a Michelangelo, ora gli Nft interessano anche al ministro Franceschini

Dal Colosseo a Michelangelo, ora gli Nft interessano anche al ministro Franceschini

Tutto nasce con una proposta a dir poco non convenzionale: «Vendiamo il Colosseo». L’idea è di un collettivo di politici, artisti, filosofi e curatori (o “ricercatori” come loro stessi preferiscono definirsi) di cui fanno parte Alessandro Fusacchia, Alex Braga, Federico Clapis, Andrea Colamedici e Serena Tabacchi. Vendiamolo, ci dicono in una lettera aperta pubblicata lo scorso luglio, perché oggi sarebbe possibile farlo «senza toccarne una sola pietra, e lasciandone chiaramente la proprietà in capo allo Stato italiano».

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Non è uno scherzo, né tantomeno una commedia di Totò: possiamo vendere l’anfiteatro Flavio, suggerisce il collettivo, perché a finire sul mercato e nel computer di qualche collezionista sarebbe solo il suo NFT, acronimo sta per Non Fungible Token (token non fungibile), e che definisce un file digitale creato utilizzando il codice informatico della blockchain. Un oggetto digitale che viene acquistato utilizzando criptovalute come Ether o Wax e che esiste come un file unico che non può essere duplicato.

Per realizzare e vendere l’NFT del celebre monumento, servirebbero molte tecnologie e competenze diverse: per esempio, quelle necessarie a creare una copia digitale in 3D di un oggetto enorme. L’eventuale incasso potrebbe poi essere destinato ad esempio alla conservazione e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio di beni culturali italiano, a sua volta digitalizzabile secondo gli stessi criteri e vendibile con lo stesso nobile scopo.

Sarebbe solo l’inizio: dietro la “provocazione” che ha toccato una delle massime icone del patrimonio culturale e artistico italiano, c’è una infatti una visione strategica secondo cui «dopo il covid-19, la cultura non può ripartire solo con la tutela dei beni esistenti, perché ora abbiamo la possibilità di sfruttare il digitale e le nuove tecnologie per valorizzare ciò che già esiste, ma anche e soprattutto per produrre cultura nuova», spiega Alessandro Fusacchia, parlamentare e membro della VII Commissione (Cultura, Scienza, Istruzione).  

Possibilità che il gruppo di ricercatori è decisa a cogliere: «L’idea è costruire un centro di gravità – continua Fusacchia – riunire un gruppo di persone che rappresentano mondi diversi e complementari. E che hanno deciso di ragionare a livello sistemico su quali iniziative legislative, della società civile, imprenditoriali e artistiche si possono mettere in piedi per far crescere, in tutto il paese, innanzitutto la consapevolezza sulla centralità delle nuove tecnologie. E poi la loro adozione per creare un nuovo ecosistema culturale ed economico capace di generare ricchezza e proiettare l’Italia nel futuro». 

Pochi mesi fa le Gallerie degli Uffizi hanno venduto l’NFT del Tondo Doni di Michelangelo, copia ad altissima risoluzione realizzata con tecnologia sviluppata dalla startup Cinello, portando nelle casse del museo circa 70mila euro. È forse un caso isolato, ma sufficiente a destare l’interesse del ministro Dario Franceschini, che ha già promesso linee guida per i musei.

Ed è poi sempre dal mondo dell’arte – in questo caso contemporanea e digitale – che vengono esempi di ciò che accade quando cultura, tecnologia e business si incontrano. Non tanto e non solo per il caso del navigato artista Beeple (40 anni), che attraverso la casa d’aste Christie’s ha venduto per la cifra record di 69,3 milioni di dollari un’opera intitolata Everydays: The First 5000 Days, composta da cinquemila immagini scattate in altrettanti giorni e poi riunite in un unico quadro.

Ma anche e soprattutto per ciò che stanno realizzando artisti della cosiddetta generazione Z: parliamo dei nativi digitali come il 15enne Jaiden Stipp, che già lo scorso marzo aveva messo all’asta la sua prima collezione di artwork digitali guadagnando 20ETH, al cambio 30mila dollari. E che da allora ha venduto altre quattro opere, usando poi i soldi guadagnati per aiutare i genitori a pagare il mutuo, ma anche per finanziare altri artisti suoi coetanei.

O ancora come Benyamin Ahmed, che a soli 12 anni crea e vende collezioni di pixelated art, ovvero oggetti e personaggi realizzati secondo lo stile del videogioco Minecraft, e che già a fine agosto aveva incassato in Ethereum l’equivalente di 350mila dollari.
Una nuova generazione che si dimostra già ampiamente pronta a essere protagonista di quel cambiamento auspicato dal gruppo dei ricercatori, in parte già in corso e che ora richiede la partecipazione di tutti gli stakeholder per realizzarsi appieno anche in Italia: «Vanno portati a bordo di questa operazione intellettuali, artisti, operatori, startupper, imprenditori, e poi ovviamente le istituzioni – conclude Alessandro Fusacchia – E serve comprendere che se uniamo tecnologia e cultura, rafforziamo entrambe dando un futuro al paese».

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