Cosa ha detto la Russia sulla guerra in Ucraina e la Stazione Spaziale Internazionale


Dmitry Rogozin e Roscosmos, cioè l’agenzia spaziale russa da lui diretta, non hanno minacciato di far cadere la Stazione spaziale internazionale in testa ad americani ed europei. E questo nonostante il conflitto in Ucraina stia già ripercuotendosi sulle attività spaziali in corso e sulle collaborazioni fra la Russia e i suoi storici partner occidentali. Mentre queste righe vengono scritte, infatti, si alternano i botta e risposta via social: alle 6 di stamattina, Rogozin – che è bene ricordarlo, è un fedelissimo di Putin ed è stato vice primo ministro della Federazione russa – ha comunicato che, a fronte delle sanzioni tecnologiche comminate a Mosca, con decorrenza immediata Roscosmos sta sospendendo “la cooperazione con i partner europei nell’organizzazione di lanci spaziali dal cosmodromo di Kourou e ritirando il suo personale tecnico, compreso quello di terra, dalla Guyana”.
Subirà uno stop anche il programma, in collaborazione con la Nasa, Venera D: “Ritengo inappropriata – ha aggiunto Rogozin – la continua partecipazione degli Stati Uniti al progetto russo per lo sviluppo e la creazione di una stazione interplanetaria“.
“ExoMars continua”, si è però affrettato a replicare Josef Aschbacher, il direttore dell’Esa, cioè l’Agenzia spaziale europea, che per il programma di lancio destinato a Marte, il cui decollo è previsto il prossimo autunno, lavora con Roscosmos.
Sebbene sia necessario sottolineare come il tentativo di space diplomacy di Aschbacher sia già una parziale revisione di quanto da lui dichiarato ieri, quando sempre via Twitter aveva ricordato come lo spazio costituisca “un ponte per la collaborazione civile” e confermato il regolare proseguimento delle operazioni sulla Iss e della campagna di lancio di ExoMars, è evidente che allo stato attuale la situazione possa evolversi in modo poco prevedibile.
Le mani sulla Stazione
Almeno finora, però, nessuno ha detto di voler usare a mo’ di arma la Iss, il simbolo orbitante della cooperazione pacifica internazionale, un capolavoro di ingegneria e diplomazia che cristallizza il lavoro congiunto di Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone e Canada. Senza ritenerla un idillio orbitante – invero i due segmenti che costituiscono la stazione sono, almeno dal punto di vista burocratico, chiaramente distinti – il fatto che la Iss non sia stata minacciata non è un dettaglio di poco conto.
Nelle prossime righe proveremo a chiarire il perché, ma intanto si vada per ordine: il 24 febbraio, la Casa Bianca e i suoi alleati hanno imposto sanzioni sull’export, nel tentativo di impedire alla Russia l’accesso alle tecnologie d’avanguardia necessarie all’industria bellica e a quella spaziale. “Taglieremo più della metà delle importazioni di alta tecnologia della Russia” aveva commentato il presidente americano, Joe Biden, “e questo infliggerà un duro colpo alla loro capacità di continuare a modernizzare le forze armate. Degraderà la loro industria aerospaziale, compreso il loro programma spaziale“. La risposta di Rogozin, diffusa nel tardo pomeriggio di ieri, ha scatenato, in buona parte dei media italiani, l’allarme: non è mancato chi ha imputato a lui e alla sua agenzia l’intenzione, pur velata, di intimidire Stati Uniti ed Europa con l’improvvisa deorbitazione della Stazione spaziale internazionale, una struttura di 450 tonnellate alla cui navigazione (con guida e controllo) è deputato proprio il segmento russo, il Ros.
Niente di tutto ciò: la risposta di Rogozin, non certo distensiva, è però più complessa e andrebbe compresa a fondo, perché già nel tono canzonatorio e nel suo rivolgersi direttamente al presidente americano rappresenta lo spazio come presidio geopolitico, oltre che ambito di sviluppo tecnico-scientifico e commerciale. Ne riportiamo qui di seguito la prima traduzione (fedele) diffusa in Italia, a opera di Roberto Paradiso, blogger specializzato in cosmonautica:
“Sanzioni di Alzheimer” (nel testo originale si gioca sul fatto che, non esistendo la “H” in russo e dovendola pronunciare come la nostra “G” di gatto, “Alzheimer” diventi “Alz-gamer” e quindi evochi l’inglese “game”, gioco, ndr).
Biden ha affermato che le nuove sanzioni influenzeranno il programma spaziale russo. Ok. Vediamone i dettagli:
1. Vuoi bloccare il nostro accesso alla microelettronica spaziale resistente alle radiazioni? Lo hai già fatto ufficialmente nel 2014.
Come hai notato, tuttavia, noi continuiamo a realizzare la nostra navicella spaziale. E lo faremo espandendo la produzione dei componenti e dei dispositivi necessari a casa.
2. Vuoi vietare a tutti i Paesi di lanciare la loro navicella spaziale sui razzi russi che sono i più affidabili al mondo?
Lo stai già facendo e stai pianificando di distruggere finalmente il mercato globale della concorrenza spaziale dal primo gennaio 2023 imponendo sanzioni ai nostri veicoli di lancio. Siamo consapevoli. Anche questa non è una novità. Siamo pronti ad agire anche in questo caso.
3. Vuoi distruggere la nostra cooperazione sulla Iss?
Già lo fai limitando gli scambi tra i nostri centri di addestramento per cosmonauti e astronauti (Rogozin si riferisce al fatto che, un mese fa, sia stato negato il visto a un cosmonauta pronto a raggiungere il Johnson Space Center di Houston per una sessione di addestramento. Un’impasse poi risolto dalla mediazione diretta del numero uno di Roscomos e del suo omologo alla Nasa, Bill Nelson, ndr).
Oppure vuoi gestire tu stesso la Iss?
Forse il presidente Biden è fuori tema, quindi spieghiamo che la correzione dell’orbita della stazione, il suo evitare pericolosi incontri con lo spazio, vedi l’immondizia con la quale i vostri talentuosi uomini d’affari hanno inquinato l’orbita vicino alla Terra, è prodotta esclusivamente dai motori delle navi cargo Russian Progress MS. Se blocchi la cooperazione con noi, chi salverà la Iss da un rientro incontrollato, che potrebbe farla cadere negli Stati Uniti o in Europa? C’è anche la possibilità caschi su una struttura da 500 tonnellate in India e Cina. Vuoi minacciarli con una prospettiva del genere? La Iss non sorvola la Russia, quindi tutti i rischi sono tuoi. Sei pronto a questo?
Signori, quando si pianificano le sanzioni, state attenti se non siano frutto di Alzheimer. Per evitare che le stesse sanzioni ti cadano in testa. E non solo in senso figurato.
Pertanto, per il momento, come partner, ti suggerisco di non comportarti come un giocatore irresponsabile, di sconfessare l’affermazione sulle ‘sanzioni dell’Alzheimer. Consiglio amichevole”.
Questioni, delicate, di space awareness
Sono ovviamente gli ultimi due paragrafi della risposta ad aver aizzato i media. Alcune precisazioni sono però doverose: sebbene, con evidente intento propagandistico, Rogozin dimentichi la ritrovata autonomia dell’accesso umano allo spazio permesso agli Stati Uniti da SpaceX dal maggio del 2020 e, quando menziona l’aumento della spazzatura spaziale causato dalle attività di lancio dei “talentuosi uomini d’affari”, eviti di ricordare gli identici effetti dei test anti-satellite russi, colpevoli poche settimane fa di aver seminato più di 1500 space debris in orbita bassa, il numero uno di Roscosmos solleva la sempre più urgente questione della cosiddetta space awareness, una nuova consapevolezza nell’utilizzo delle orbite, soprattutto quelle più vicine al nostro Pianeta. Una consapevolezza che non può permettersi di essere parziale, ma che va regolamentata in modo congiunto e condivisa da chiunque abbia ambizioni extra-terrestri.
Questo richiamo e la sottolineatura di una eventuale caduta incontrollata della Iss sulla Cina, privilegiato partner spaziale della Russia, dovrebbero suggerire reazioni più circostanziate fra chi, spaventato dalle esternazioni di Rogozin, gli attribuisce velleità da kamikaze extraterrestre. Non che le dichiarazioni del direttore russo siano amichevoli, così come non amichevoli sono gli stop ufficializzati poche ore fa, ma da lì a pensare che Mosca voglia scagliare una base spaziale sui territori altrui il passaggio non è automatico.
Anzi, sebbene sia ormai ufficiale la sua dismissione nel 2031, il fatto che la Stazione spaziale internazionale e le attività che ospita non siano state messe a rischio, nemmeno mentre si interrompono rapporti internazionali inaugurati decenni fa oltre l’atmosfera, fa sperare che l’avamposto spaziale conservi il suo status, non solo simbolico, di ambito diplomatico privilegiato. È confortante ricordare che la prima collaborazione extra-terrestre fra Stati Uniti e l’allora Unione sovietica, il programma test Apollo-Sojuz, risalga al 1975, nel pieno della Guerra fredda. “Quando a Terra i burocrati rullavano i tamburi, in orbita continuavamo a lavorare insieme” ci ha confermato Paolo Nespoli, ex astronauta Esa e veterano di missioni e storie spaziali.
Non è che una speranza, beninteso. La si preservi senza suonare allarmi terrestri che nello spazio nessuno può (e vuole) sentire.