Cerchiamo nuove Cristoforetti per andare sulla Luna e poi su Marte

Cerchiamo nuove Cristoforetti per andare sulla Luna e poi su Marte

Tra qualche giorno ci sarà un anniversario. Il 16 giugno 1963, la ventiseienne Valentina Tereshkova partiva nello spazio. Per tre giorni avrebbe orbitato intorno alla terra 48 volte nella sua capsula spaziale, la Vostok 6. Tereshkova, operaia tessile, anche se non aveva alcuna esperienza come pilota, fu accettata nel programma anche grazie ai suoi 126 salti col paracadute. Era comunque una competenza non da poco visto che all’epoca, i cosmonauti dovevano lanciarsi con il paracadute dalle loro capsule pochi secondi prima di toccare il suolo per tornare sulla Terra. Tra 400 candidati, fu scelta lei. Era russa anche la seconda donna nello spazio: Svetlana Savitskaya. Nel 1982, fu la prima a volare con un equipaggio, ad andare a bordo di una stazione spaziale (Salyut 7), a fare un’attività extraveicolare (EVA) e ad andare due volte nello spazio (1982 e 1984).

Quando nel 1963 la rivista americana Life presentò l’impresa della Tereshkova con un articolo dal titolo, “She Orbits Over the Sex Barrier”  non esitò a sottolineare che gli Stati Uniti avevano una ottima panchina di astronaute “più qualificate di Valentina”. In effetti le americane erano pronte. Il medico aerospaziale Randy Lovelace, incaricato di sviluppare test fisici e mentali per la selezione degli astronauti , aveva deciso di condurre test simili a quelli a cui sottoponeva gli uomini anche su candidate donne. E lo aveva fatto  in segreto, all’insaputa della Nasa. Le donne che si qualificarono furono conosciute come First Lady Astronaut Trainees, o FLATs, e più tardi come Mercury 13, ma non ebbero mai occasione di volare perché il programma di Lovelace fu cancellato. 

Gli Stati Uniti aprirono la selezione degli astronauti alle donne solo nel 1978 e nel 1983, Sally Ride fu la prima donna americana a volare nello spazio, come specialista di missione dello Shuttle. Sally Ride raccontò tempo dopo in una intervista: “Gli ingegneri della Nasa, nella loro infinita saggezza, decisero che le astronaute donne avrebbero voluto truccarsi – così progettarono un kit di trucco… Immaginate le discussioni tra gli ingegneri di sesso maschile su cosa il kit avrebbe dovuto contenere…”. In conclusione, il kit di trucco restò a terra e ora si trova nel National Air and Space Museum degli Stati Uniti. 

La prima europea ad andare nello spazio, in una missione finanziata con fondi privati sulla stazione spaziale russa Mir, fu l’astronauta britannica Helen Sharman, nel 1991. Seguì nel 1996 Claudie Haigneré, laurea in medicina e dottorato in neuroscienza, selezionata dall’agenzia spaziale francese Cnes nel 1985. E nel 2008, entrò a far parte del team Esa, Samantha Cristoforetti che ha già collezionato una serie di record, come quello del periodo più lungo trascorso nello spazio da una donna in una singola missione nel 2015, e precisamente 194 giorni, 18 ore e 2 minuti. E, come annunciato in questi giorni, sarà la prima donna europea al comando della Stazione spaziale internazionale e la terza donna al mondo a ricoprire questo ruolo. Fino ad oggi, le donne hanno rappresentato circa il 12% della presenza umana nello spazio. Ma un nuovo impulso è ormai partito. La Nasa ha reclutato 18 astronauti, di cui la metà donne, per il programma Artemis (sorella gemella di Apollo) di cui anche l’Esa è partner. Destinazione la Luna.  E uno degli obiettivi è quello, già dal 2024 di portare per la prima volta una donna astronauta  sul nostro satellite. Missione ambiziosa. 

Ma c’è un aneddoto, rispetto alle carriere femminili alla Nasa, che merita di essere raccontato. Alla fine degli anni 90′ la direzione della Scienza fu ristrutturata in tre divisioni: Sistema Solare, Sole-Terra, Universo. Ad ogni tema fu assegnato un leader. E fu così che la scienziata Anne Kinney, diventò  la prima donna in assoluto a poter vantare il titolo di “Director of the Universe”.

Dopo 12 anni dalla scorsa campagna astronauti, l’Esa ha lanciato a fine marzo una nuova selezione che si chiuderà il 18 giugno. L’ambizione è quella di attirare una grande diversità di partecipanti e avere molte più donne che entrano a far parte di questa grande avventura umana che è l’esplorazione. Ci saranno le prospettive del programma Artemis. Ma si guarda già avanti. E magari un giorno potrà essere europea la prima donna su Marte. L’esplorazione spaziale al femminile non aspetta ed è ora.

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