Ashwalkers, gli ingredienti per una nuova apocalisse | Intervista

Ashwalkers, gli ingredienti per una nuova apocalisse | Intervista

Ashwalkers, gli ingredienti per una nuova apocalisse | Intervista | Game Division

















Giochi PC

Realizzare un’apocalisse non è mai facile, specie se il tuo obiettivo è quello di illustrarla e farla sembrare qualcosa di unico rispetto alla massa. Apocalisse zombie, apocalisse nucleare, apocalisse ambientale, ci sono così tante apocalissi che quando verrà il giorno del giudizio probabilmente non saremo neanche sorpresi e ci chiederemo se non si sarebbe potuto fare di meglio. Ma c’è ancora qualcuno che vuole tentare questo percorso distopico e mostrarci uno scenario originale, magari familiare per certi versi tuttavia comunque legato a un’idea unica e dall’esecuzione particolare.

Questo qualcuno è lo studio Nameless XIII con il suo primo gioco: Ashwalkers, precedentemente noto come Cenders. Al “comando” del team c’è il fondatore Hervé Bonin (ex co-founder di DONTNOD), il quale ha curato insieme al Creative Director Matteo Gaulmier la realizzazione di questo nuovo viaggio in terre sperdute. Recentemente Ashwalkers è stato protagonista anche dello Steam Games Fest con un piccolo assaggio gratuito che ha permesso ai giocatori di poter esplorare il mondo di gioco e capire meglio le sue dinamiche.

Al centro dell’idea di Ashwalkers c’è una terra distrutta dai cataclismi ambientali e ridotta in cenere: elemento così presente da aver ricoperto tutta la superfice del pianeta, rendendolo un arido deserto in cui i venti sferzano così forte da rendere le uscite esterne insopportabili se non protetti adeguatamente. Il meteo avverso e le costrizioni sociali di un mondo distrutto hanno creato situazioni molto violente, dove la sopravvivenza passa sopra alla moralità e gli eroi non esistono più. Non c’è buono o cattivo, o almeno la loro universalità: piuttosto il punto forte di Ashwalkers è che il giocatore dovrà scegliere fino a che punto spingersi per la sopravvivenza del gruppo, raggiungendo infine uno dei ben trentaquattro finali che il gioco proporrà nella sua versione completa.

Ashwalkers

Venendo da esperienze come Life is Strange e adorando una certa impostazione dell’apocalisse incentrata sulla parte “umana”, Ashwalkers è un racconto di relazioni, conseguenze e contrasti cromatici che mettono in luce la violenza delle persone sullo sfondo grigio di rovine in cenere. Certo, ci sono elementi da sopravvivenza come la gestione delle risorse e la salute fisica/mentale del gruppo, ma vi andremmo a mentire se dicessimo che è quello il centro del gioco. La narrazione, la voglia di coinvolgervi a un livello personale e di creare uno scenario da rivivere più volte in una moltitudine di alternative è ciò che Ashwalkers punta a essere, considerato oltretutto che ogni partita durerà al massimo due ore.

In attesa di conoscere sempre più informazioni sul gioco e poterlo provare con mano nella sua versione finale, abbiamo avuto il piacere di intervistare Hervé Bonin e Matteo Gaulmier grazie all’opportunità offerta da Dear Villagers, il publisher del gioco. Ne abbiamo approfittato per chiedere cosa davvero renda unica l’apocalisse di Ashwalkers, perché potrebbe interessare anche a chi ormai ne ha viste fin troppe e, soprattutto, come mai abbiano scelto di seguire un’impronta alla Sin City per la loro direzione artistica.

Intervista a Nameless XIII

Grazie per averci dedicato del tempo nel bel mezzo dello sviluppo. Iniziamo dagli onori di casa: Ashwalkers è il vostro primo gioco per il nuovo studio e anche uno sguardo diverso ai giochi survival, specialmente per il suo focus narrativo e la direzione artistica dall’impostazione monocromatica. Come è nato Ashwalkers e cosa rappresenta per voi nella prospettiva di trasmettere al pubblico i vostri valori chiave?

Hervé Bonin: Due anni fa decisi di creare un nuovo studio, una compagnia di videogiochi indipendente da remoto. In quell’esatto momento, ho conosciuto un gruppo di studenti talentuosi con il prototipo di un gioco. Sentii che quel progetto era davvero bello e che avevano il potenziale per trasformarlo in un videogioco completo. Perciò gli offrii di diventare partner. Ciò che ci guida nel nostro viaggio artigianale è il rispetto, l’onestà e la resistenza. Naturalmente vogliamo anche rimanere ben attenti, da una parte avendo la possibilità di fare quel lavoro da sogno che è il creare videogiochi che ci piacerebbe giocare, dall’altra è che anche se vogliamo interagire con i giocatori è che questo è solo un gioco, del resto la vita vera è altrove.

Ashwalkers

Guardando agli scenari distopici o post-apocalittici ci sono sempre delle somiglianze legate alle opere appartenenti a questo specifico genere. Quale elemento rende Ashwalkers davvero unico? E quali sono le ispirazioni che vi hanno portato a creare il mondo del gioco (o quello che ne rimane)?

Matteo Gaulmier: Credo ci siano due elementi che rendono Ashwalkers diverso dagli altri universi post-apocalittici: l’apocalisse di cenere, un’ambientazione che è davvero poco utilizzata secondo noi, e l’hard sci-fi che abbiamo incluso nella narrativa, come le cupole, i droni, le tute e la tecnologia. Queste due particolarità combinate danno questo… mood freddo e metallico che vogliamo per la narrazione e la parte visiva, permettendo quindi Ashwalkers di essere unico e distanziarsi da prodotti o giochi simili.

Da quello che abbiamo potuto osservare, Ashwalkers si affida molto a quello che potremo chiamare un feeling “cinematico”, dove le inquadrature delle scene sono ampie e mettono tanta attenzione al paesaggio piuttosto che ai protagonisti. Qual è quindi il vostro approccio riguardo ciò che deve vedere il giocatore durante il gameplaye e perché alcuni elementi sono più importanti di altri per sottolineare i messaggi di Ashwalkers?

Matteo: Una delle nostre più grandi priorità è quello di dare una specifica sensazione al giocatore: vogliamo che ogni utente si ponga davanti se stesso, dandosi l’opportunità di pensare e di fare una sorta di ricerca personale. Perciò, abbiamo tentato di dargli spazio, lasciare che apprezzi il paesaggio, sentire la presenza opprimente del cataclisma, farsi catturare dall’estetica e dalle musiche, senza alcun tipo di pressione. Abbiamo pensato che avere questo feeling “cinematico”, come hai detto, è una grande maniera per dire al giocatore “Siediti, rilassa le spalle e focalizzati sulle tue decisioni”. Può apparire un processo lento per alcuni giocatori, ma potrà invece essere un conforto per altri. L’obiettivo in questo caso è quello di farvi sentire un tono duro, intrigante e diretto, quasi disturbante ma speriamo in un’accezione “buona” del termine.

Ashwalkers

Parlando della direzione artistica, potete dirci di più sul perché avete scelto un look desaturato per il vostro gioco? E perché vi siete sentiti di lasciare il rosso come unico colore non toccato da questa decisione?

Matteo: All’inizio era una sfida che ci eravamo imposti da soli e un tributo ai fumetti e alle graphic novel come Le Rapport de Brodeck (Manu Larcenet) e, ovviamente, Sin City (Miller). Era tutto in bianco e nero con alti contrasti, un qualcosa di più vicino alla tipica apocalisse con il tema dell’inverno nucleare. Ma poi ci siamo accorti di volere qualcos’altro, qualcosa di più originale, così con la produzione in corso abbiamo esplorato altre piste e siamo entrati lentamente nell’apocalisse di cenere. Il bianco e nero della direzione artistica fu il primo a essere impattato da questa decisione e fu cambiato nelle sfumature del grigio. Questo fa riferimento direttamente al tema della morte, della disperazione e, ovviamente, delle ceneri. Il rosso quindi è stato utilizzato per sottolineare il pericolo, il sangue, per aggiungere tensione all’universo, alla narrativa e all’esperienza generale. Avere solo il grigio per comunicare le informazioni può essere difficile da un punto di vista di design. Il rosso aiuta ad avvisare i giocatori, attirare la loro attenzione e dirgli “Ehy, sei in pericolo. Cosa farai ora?”

Quando si parla di apocalisse c’è sempre un po’ di inumanità che si collega a essa, specie se c’è della sopravvivenza in ballo. Come state approcciando l’etica e la moralità in Ashwalkers? C’è un limite che non può essere oltrepassato?

Matteo: Io credo che quello che rende le ambientazioni post-apocalittiche così interessanti per un game designer e uno scrittore è il fatto che possiamo rimuovere la moralità imposta dalla civilizzazione e vedere cosa accade: un laboratorio sociale. E lo abbiamo preso alla lettera, nessuno può giudicarti in Ashwalkers. Nessun poliziotto gira per le strade, né forzeremo dei punti narrativi come “Tu hai ucciso mio padre e adesso arrivo per la vendetta” o simili. Non c’è nessun sistema di karma nel gioco come in Fallout o Fable. Ashwalkers ha un sistema dove la Squadra sviluppa una categoria di comportamento ogni volta che si fanno scelte, diventando lentamente Combattenti, Diplomatici, Scout e via dicendo. Si fideranno delle persone, oppure staranno attenti a farlo, le eviteranno o le uccideranno. Tutti questi comportamenti influenzeranno la storia in una certa percentuale, dando solo ai giocatori i mezzi per giudicarsi da soli. Ciò perché, come il mondo, tutto è grigio compresa la nostra morale.

Ashwalkers

Il cast dei personaggi per il gioco è davvero particolare e abbiamo apprezzato come avete fuso le loro figure a delle forme geometriche nell’interfaccia. Potete dirci di più su di loro e sulla loro creazione?

Matteo: Ecco una cosa su di loro: tutti i personaggi sono costruiti sugli opposti e sulla complementarietà tra loro, ognuno rappresenta un comportamento del gioco con tutte le categorie chiave. Abbiamo Petra, l’audace (o pericolosa?) stratega e leader della Squadra. Sinh, che non si fida delle persone e fa della brutalità un vanto da combattente. Kali, la giovane e fiduciosa Diplomatica. Infine Nadir, lo scout vecchio e cauto (o codardo). Ognuno di loro è un dilemma impersonato e portano conflitti, contraddizioni e tutte quelle cose che vogliamo che il giocatore sperimenti. Sono gli eroi di Ashwalkers, ognuno con le loro qualità e difetti.

Infine, prima di lasciarci, come mai avete scelto di affidarvi ai cataclismi naturali invece di optare per le bombe o la guerra per la premessa post apocalittica?

Matteo: Volevamo esplorare prima il tema dell’apocalisse di cenere e vedere cosa avrebbe potuto causarla, cosa avrebbe voluto dire in termini di tecnologia e sopravvivenza. Ci sono ancora oggi un sacco di titoli sulla guerra o gli inverni nucleari, perciò volevamo davvero evitare quella strada. Allo stesso tempo volevamo focalizzarci sull’elemento avversivo prettamente naturale, ispirandoci a quello che è stato il processo di The Long Dark: un’ispirazione enorme per noi. Ci siamo quindi allontanati dall’apocalisse zombie, volevamo che il giocatore sentisse una sorta di agorafobia, con il pericolo che veniva solamente dall’essere fuori da un posto chiuso, camminando tra la cenere e l’aria irrespirabile. Ed è questo il pericolo che dovrete affrontare e superare per salvare il vostro popolo e raggiungere uno dei finali di Ashwalkers.

Ashwalkers uscirà nel 2021, ma nel frattempo potrete metterlo nella Lista dei Desideri di Steam e aiutare il team di sviluppo.




Fonte: tomshw.it

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