Arcade Story, dove i videogiochi vintage trovano una nuova vita

Arcade Story, dove i videogiochi vintage trovano una nuova vita

“Da piccolo ero bullizzato perché in sovrappeso e passavo le mie giornate in sala giochi, quei posti bui e pieni di fumo che sapevano accompagnare la mia solitudine grazie ai colori e ai suoni sci-fi dei videogiochi anni 80”. A rievocare l’immagine è Antonio Nati, fondatore di Arcade Story.

Antonio di quella sala conosceva ogni titolo che veniva aggiunto o sostituito dal gestore e per vedere le ultime novità prendeva il pullman e il treno e andava in centro a Verona da Florida. Sala giochi talmente famosa che fu il set una puntata di una serie televisiva con Fabio Testi.

Oggi Nati possiede una collezione di oltre 400 titoli originali Arcade, alcuni di grande importanza storica, ci dice “Potrei citare Death Race primo gioco accusato di violenza ai minori nel 1976. Quantum del 1982, primo gioco a essere stato sviluppato da una donna e che siglò l’accordo fra Atari e General Computer Corporation. infine un lasergame, Esh Aurunmilla arrivato in Italia dal Giappone grazie a un gestore di sala giochi del litorale Veneto e praticamente sconosciuto in Europa”.

Oltre a importare, collezionare e vendere videogiochi arcade, Arcade Story li ristruttura in modo filologico. Spiega Nati: “Il mio lavoro è vendere vestiti ma la passione incontrollabile per il mondo arcade mi ha spinto a circondarmi di persone competenti nel campo del restauro come Andrea Genovese, scenografo e abile riparatore di mobili e plastica. Domenico Cervini, perito elettronico che da 30 anni ripara schede PCB dei videogiochi e monitor a tubo catodico. Infine Michele Colucci che cura i social di Arcade Story. Solo con persone competenti è possibile dare nuova vita a questi apparati da intrattenimento”.

I coin-op di Arcade Story hanno arricchito le coreografie del palco di X-Factor, recentemente quelle di Armani a Pitti Uomo e a Casa Sanremo è stata allestita una sala giochi in stile anni ottanta. Spiega Nati: “Il legame col passato è molto importante per l’empatia umana. Ogni volta che mettiamo a disposizione del pubblico un Pac-man oppure un Donkey Kong, sblocchiamo un ricordo sopito dal tempo ma che riemerge con i colori e i suoni che solo questi giochi riescono a far rivivere. Lo stesso è accaduto in queste location importanti, la rievocazioni di momenti di una vita passata. Una sorta di macchina del tempo”.

Arcade Story ha aperto la prima sala giochi vintage, con mobili originali, nel centro commerciale Belgioioso di Carpi. Un traguardo non semplice perché per arrivarci ha dovuto superare notevoli impedimenti burocratici. Spiega Nati: “Questo è un tasto dolente nella nostra legislazione dove si equipara un videogioco a una slot machine! Mentre in Europa si danno incentivi per aprire sala giochi vintage o ambienti dedicati al gioco da intrattenimento, in Italia siamo fermi a leggi che ostacolano la possibilità di mettere in un bar o in un ristorante, come avveniva negli anni 80, un videogioco e servono autorizzazioni impossibili da reperire”.

A metà degli anni novanta alcuni noleggiatori modificarono i videogiochi arcade in modo tale che, ad esempio, un normale coin-op di Pac-man, premendo un pulsante, oppure modificando la posizione delle impostazioni del gioco, si trasformasse in video-poker o slot machine.

Per arginare il problema intervenne l’AAMS, organo sotto l’Agenzia Delle Dogane e dei Monopoli, addetto alla gestione del gioco pubblico in Italia. Spiega Nati: “AAMS ha adottato un sistema di censimento dei videogiochi da intrattenimento classificandoli con dei nullaosta chiamati 7/C. Dal 2004 ogni noleggiatore doveva dichiarare il nome del gioco all’interno del mobile così, se si verificava un controllo, l’agente avrebbe confrontato il titolo del gioco con quello del nullaosta. Ovviamente questo veniva fatto per tutti i giochi già in funzione prima del 2004”. I videogiochi arcade nuovi devono invece essere visionati direttamente dagli addetti dell’ADM a Roma, quindi un mobile deve essere spedito nella capitale e lasciato all’ADM a spese del gestore. Un sistema macchinoso che, di fatto, oggi rende molto difficile allestire in Italia sale giochi vintage o locali con cabinati coin-op.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *